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Luoghi

LATOMIE DI SIRACUSA

Andiamo in Sicilia e facciamo un lungo viaggio nel tempo.

Latomie, dal greco latomiai (lâs, pietra, e tomiai, tagliare), erano cave di pietra o di marmo usate nell’antichità greco-romana per incarcerare schiavi, prigionieri di guerra e delinquenti.

Quelle più note sono quelle di Siracusa che, dopo la battaglia contro Atene, divennero il luogo in cui furono incarcerati i soldati ateniesi sconfitti.

Le principali latomie sono quelle del Paradiso, dell’Intagliatella, Carratore, del Casale, del Romisa, Navanteri, dei Cappuccini, dei Cordari, di Santa Venera, del Filosofo, della Pillirina, di Vendicari e di Akrai.

La più grande è quella dei Cappuccini che fu utilizzata come luogo di culto e necropoli pagana e cristiana dopo l’epoca greca.

https://youtu.be/dgxgozVLb2w

Alla fine del ‘500 la Latomia dei Cappuccini fu integrata al convento di frati e fu sfruttata come orto per il loro uso e fu creato il giardino.

Anche Siracusa entrò nel circuito del Grand Tour  di moda nell’Ottocento e Guy de Maupassant nel suo libro “Viaggio in Sicilia” lasciò questo commento:

La più curiosa delle Latomie è senz’altro quella dei Cappuccini, giardino profondo e vasto diviso da volte, da arcate, da rocce enormi, è racchiusa in strapiombi bianchi”

Una visita notturna delle Latomie del Paradiso ci regala uno scenario fiabesco tra musica e giochi di luce:

https://youtu.be/aur77-_fnTo

ANDIAMO IN BICI?

Hai voluto la bicicletta? Adesso pedala!

Antique painting illustration: Giant cycling

Chissà se il barone Karl Drai quando inventò la sua “Laufmachine” (macchina da corsa) nel 1817 ha pensato a questa battuta.

La Draisine, come fu chiamata dalla stampa, è stata una versione evoluta del velocipede composto da due ruote, un pezzo di legno e  in aggiunta aveva lo sterzo.

Nel 1861 Ernest Michaux montò su una draisina (come fu chiamata in Italia) i primi pedali.

La prima “Safety Bicycle” (bicicletta di sicurezza) fu realizzata da John K. Starley nel 1884: denominata “Rover”, aveva ruote di dimensioni uguali e trasmissione a catena sulla ruota posteriore.

https://youtu.be/izhyf5kDXls

Nei primi anni del ‘900 ebbero luogo le prime competizioni sportive,    il Tour de France nel 1903, il primo Giro d’Italia nel 1909, ai quali si aggiunse la Vuelta de España nel 1935, che costituiscono le tre corse a tappe più importanti del calendario ciclistico.

A partire dalla prima edizione, il Giro d’Italia si è sempre disputato, salvo per le interruzioni dovute alla prima e alla seconda guerra mondiale e recentemente alla pandemia di Covid-19,  nell’arco di tre settimane tra i mesi di maggio e giugno,

Nel 1951 riscosse grande successo la canzone “Ma dove vai bellezza in bicicletta”, dedicata ad Alfonsina Strada, l’unica donna che partecipò al Giro d’Italia nel 1924.

Ascoltiamola cantata dall’indimenticabile Silvana Pampanini:

https://youtu.be/FpIKPfj3Zro

Era il 1997 quando Sergio Sanvido inaugurava a Cesiomaggiore (Belluno), nel piano terra della sua abitazione, il Museo Storico della Bicicletta, intitolato alla memoria di un grande del passato, il veneziano Toni Bevilacqua, campione del mondo nel 1950 e 1951.

Lo stesso Sanvido donò nel 2007 parte della sua collezione al Comune di Cesiomaggiore, il quale allestì il Museo in una nuova sede.

Attualmente vanta una delle raccolte più complete e interessanti d’Italia, in cui i pezzi esposti sono rappresentativi e legati alla storia del ciclismo e ai suoi protagonisti, come un celerifero in legno dipinto di fine Settecento, precursore delle moderne biciclette.

https://youtu.be/6oHTvqNkvc8

A Fabriano, nelle Marche, si trova il “Museo dei mestieri in bicicletta” che costituisce uno spaccato della vita italiana a partire dagli anni Venti fino agli anni Sessanta. La mostra rivela lo sforzo e la fatica per risolvere i problemi quotidiani di un tempo e per ricominciare a vivere nei periodi difficili del dopoguerra della prima e della seconda guerra mondiale.

Vi sono documentati gran parte di quei mestieri, circa ottanta, che si sono avvalsi di questo mezzo di trasporto: dal pompiere all’orologiaio, dallo scrivano di lettere al barbiere, allo stracciarolo.

https://youtu.be/hM-t86zKwyc

Se parliamo di biciclette scommetto che a tutti è venuto in mente il film del 1948 “Ladri di biciclette” diretto da Vittorio De Sica, pluripremiato ed inserito nell’elenco dei 100 film italiani da salvare:

https://youtu.be/02OIlZDbMRQ

ROMAGNA MIA …

E’ da parecchi giorni  che seguiamo con interesse e preoccupazione  le notizie riguardanti l’alluvione che ha colpito la regione dell’Emilia-Romagna.

Al di là della discussione sulle cause, cambio climatico o l’incuranza di coloro che avrebbero dovuto e potuto fare i lavori necessari per evitare questa tragedia, quando si parla di un fenomeno simile si contano le vittime, gli sfollati e i danni materiali.

Ci dimentichiamo, però, che queste persone hanno perso anche quegli oggetti, magari non di grande valore, ma ai quali erano legati affettivamente e che costituivano quella collana di ricordi che tutti ci portiamo appresso.

Prima di continuare con la lettura, vi prego di rivolgere, per un attimo, un pensiero verso tutti coloro che oggi si ritrovano a dover ricominciare daccappo, nonostante tutto…

Molti siti del patrimonio culturale dell’Emilia-Romagna  sono risultati danneggiati e oggi noi andiamo a conoscerne alcuni.

Incominciamo dal Museo Medievale di Bologna, che ha sede nel quattrocentesco Palazzo Ghisilardi, in cui si possono ammirare monumenti sepolcrali del ‘300.

https://youtu.be/PniX-gpKkDo

Faenza, in provincia di Ravenna, nota storicamente per la produzione di ceramica artistica, è stata una delle città più colpite dall’alluvione, che ha arrecato danni sia al Museo Carlo Zauli:

https://youtu.be/wv6SnHOojng

che al Museo Guerrino Tramonti:

https://youtu.be/y-s7w33v8d

Il Teatro Rossini di Lugo, che porta il nome del compositore  che visse in quella città dal 1802 al 1804, ha riaperto nel 2022 dopo importanti lavori di restauro e purtroppo ha subito danni consistenti:

https://youtu.be/IYrT45GhVrg

La vita continua … e si ricomincia…

Le canzoni spesso ci riportano nel passato perché hanno segnato un periodo della nostra vita.

La colonna sonora di questi giorni è stata “Romagna mia”, cantata dai volontari mentre spalavano il fango dalle strade.

Questa canzone, composta nel lontano 1954, è considerata l’inno della Romagna.

Ascoltiamola dalla voce di un’esponente di spicco di quella regione, Laura Pausini:

https://youtu.be/7NDDZAlvVu4

FABRIANO, CITTA’ DELLA CARTA

A soli 220 km. da Roma, a ridosso dell’Umbria, Fabriano conserva ancora la struttura medievale, raccolta intorno alla piazza del Comune su cui si affacciano i più importanti palazzi, tra cui spicca il Palazzo del Podestà di fronte alla fontana Sturinalto.

E’ un importante polo industriale grazie all’industria degli elettrodomestici e  della carta.

Infatti il nome di Fabriano è storicamente legato alla fabbricazione della carta e all’invenzione della filigrana iniziata tra il 1100 e il 1200, industria che ebbe un grande sviluppo tra il ‘300 e il ‘400.

Il “Museo della carta e della filigrana” è allestito all’interno del complesso di S. Domenico, nel quale si possono vedere tutte le fasi della lavorazione.

https://youtu.be/haKCsdIQeDI

Durante una passeggiata nel centro, mentre si ammirano scorci di grande suggestione, si  arriva al “Museo del pianoforte storico e del suono” che ospita la collezione Claudio Veneri, costituita da 30 strumenti provenienti da cinque scuole di costruttori: viennese, tedesca, inglese, francese ed italiana, del periodo compreso tra il 1700 e il 1900.

https://youtu.be/EEdaSoewXQI

Nel 2013 l’UNESCO ha conferito a Fabriano il titolo di Città Creativa nella categoria “Artigianato, arti e tradizioni popolari”, grazie alla produzione della carta a mano.

ORTO BOTANICO

Si parla spesso del bisogno di tornare a vivere più a contatto con la natura che è fonte di benessere fisico e psicologico. 

Ma ciò presuppone anche il dovuto rispetto da parte dell’uomo verso la natura stessa. 

Per secoli le piante sono state usate con scopi medicinali. Infatti, l’Orto Botanico dell’Università di Padova fu istituito nel 1545 per la coltivazione di quelle piante che costituivano la maggioranza dei “semplici”, quei medicamenti che provenivano dalla natura. 

Adiacente all’antico Orto Botanico, nel 2014 è stato inaugurato il Giardino della biodiversità con circa 1.300 specie provenienti dai cinque continenti. 

https://youtu.be/7kWQ4rSuFxY   

 

A Roma fu Papa Nicolò III (1277-1330) che volle un Orto Botanico all’interno delle mura vaticane. 

Quando il Quirinale divenne la residenza abituale dei papi, l’Orto Botanico venne lasciato in stato di abbandono. 

Nel 1660 Papa Alessandro VII ne riconobbe l’utilità e donò all’Università un’area sul colle del Gianicolo per fare un Orto Botanico universitario. 

Tuttavia, l’Orto Botanico subì degli spostamenti fino ad approdare, nel 1883, a villa Corsini alla Lungara, acquistata dallo Stato italiano con l’impegno di stabilire nel palazzo la sede dell’Accademia dei Lincei ed un Orto Botanico nel giardino adiacente. 

https://youtu.be/1Pl9Ac2unDI   

 

Nel 1543 il naturalista, medico e botanico Luca Ghini fondò l’Orto Botanico di Pisa sulle rive del fiume Arno, il quale fu trasferito nel 1591 alla sede attuale vicino alla Piazza dei Miracoli. 

Nella galleria che all’epoca consentiva l’ingresso all’Orto Botanico furono accumulati ritratti di illustri botanici e collezioni di reperti naturalistici che oggi fanno parte del Museo Botanico. 

https://youtu.be/iC3KkYV9Sjo 

RESIDENZE PRESIDENZIALI ITALIANE

Le tre residenze ufficiali di cui dispone il Presidente della Repubblica Italiana si trovano nel Lazio (il palazzo del Quirinale e la tenuta presidenziale di Castelporziano) e in Campania (Villa Rosebery a Napoli).

Iniziamo dalla la tenuta presidenziale di Castelporziano, a sud di Roma, interamente adibita a riserva naturale. 

Il territorio è stato abitato sin dal secolo VIII a.C., ma è dal IV secolo a.C., quando Roma diventa potenza, che compaiono strutture edilizie rustiche e ville, e durante l’Impero si intensifica la costruzione di residenze signorili. 

Con la caduta dell’Impero Romano passa ad integrare i beni della Chiesa. 

https://youtu.be/brMUa5M3B-Q   

 

Spostiamoci a Napoli e nel cuore di Posillipo, a strapiombo sul mare, si erge Villa Rosebery. 

Nella zona più bassa del parco si trovano la “Casina a mare” e la “Piccola foresteria”, entrambe affacciate al porticciolo. 

Più in alto c’è la “Grande foresteria” e a nord la Palazzina Borbonica, che ospita numerose sale di rappresentanza. 

https://youtu.be/tL5Uub6DcEE  

 

Torniamo a Roma per recarci precisamente in uno dei sette colli su cui venne fondata la città: il colle Quirinale. 

Per la sua posizione elevata ospitò sin dall’antichità residenze, edifici pubblici e di culto ed ebbe grande importanza strategica per cui fu saldamente fortificato. 

In epoca repubblicana fu l’area prediletta degli aristocratici e nel Medioevo sorsero le chiese, i palazzi gentilizi e le torri. 

 

Prima di varcare la soglia della residenza presidenziale, soffermiamoci a conoscere alcuni particolari relativi alla sicurezza. 

Le prime tracce di un corpo di Arcieri e Scudieri addetto alla sicurezza della residenza e degli esponenti di Casa Savoia risalgono al XIV secolo. 

Negli anni hanno cambiato denominazione ed anche organico, fino ad arrivare ai giorni nostri in cui i Corazzieri costituiscono la guardia d’onore del Quirinale. 

https://youtu.be/LDWhvBDpgbc  

 

In una superficie di circa 4 ettari si estendono i giardini del Palazzo del Quirinale, ai quali si accede attraversando Porta Giardini. 

https://youtu.be/OgN1sZXGwaA 

 

Nel ‘500, intorno alla piazza e lungo quella che oggi conosciamo come via del Quirinale, si trovavano le ville e i palazzi dei nobili e dei prelati. 

Il cardinale Oliviero Carafa era il proprietario di una villa con vigna dove oggi sorge il Palazzo del Quirinale. 

Nel 1550 l’affittò il cardinale Ippolito d’Este, proprietario della Villa d’Este a Tivoli. 

Entriamo finalmente a visitare il Palazzo del Quirinale. 

https://youtu.be/mZyC_bPj4FI 

BRESCIA

 

Per par condicio la nostra meta di oggi è Brescia, capitale della cultura durante il 2023 assieme a Bergamo. 

Fu chiamata anche “Leonessa d’Italia” da Giosuè Carducci nell’Ode alla Vittoria per rendere omaggio a questa città per la valorosa resistenza contro gli austriaci durante le Dieci Giornate nel 1849. 

Mentre la provincia di Brescia è ricca di paesaggi con i tre grandi laghi: Lago di Garda, Lago d’Iseo e Lago d’Idro, la città di Brescia vanta un grande patrimonio storico e artistico. 

https://youtu.be/rT5UfTxlT24 

 

Le origini di Brescia risalgono al 1200 a.C. Nel VII secolo a.C. vi si insediarono i Galli Cenomani e nel periodo a cavallo tra il III e II secolo a.C. Brixia (tale il suo toponimo all’epoca) fu annessa alla Repubblica romana. 

https://youtu.be/8LtzvUaWHbk   

 

Tra le antiche architetture militari di Brescia spicca il Castello, costruito dai Visconti nel ‘200, ampliato nel Quattrocento e concluso nel Cinquecento. 

Dalla metà dell’800 è un grande parco pubblico con panorama sulla città. 

https://youtu.be/th_g0gVkYyM   

 

Uno dei simboli di Brescia è la “Vittoria alata”, una statua di bronzo del I secolo d.C. conservata al Capitolium della città, alla quale Gabriele D’Annunzio gli dedicò questa poesia: 

https://youtu.be/TlRTcQpq4iw 

 

Il monastero di Santa Giulia, che è stato fatto erigere da Re Desiderio in epoca Longobarda e successivamente ampliato nel corso degli anni, ospita l’omonimo museo in cui si possono ammirare oggetti e opere d’arte che vanno dall’Età del Bronzo all’Ottocento. 

https://youtu.be/Z4YHMP2C-NE   

 

Facciamo una passeggiata su corso Giuseppe Zanardelli e a metà del percorso possiamo visitare la principale sala della città, cioè il Teatro Grande, risalente al XVIII secolo: 

https://youtu.be/r29LvZ1V-CE 

 

Concludiamo la nostra visita a Brescia con un giro in Piazza Paolo VI e in Piazza della Loggia. 

 

Sul lato est di Piazza Paolo VI, conosciuta anche como la piazza delle due Cattedrali, si trovano il Palazzo del Broletto, il più antico palazzo pubblico della città, il Duomo Vecchio e il Duomo Nuovo. 

Il Duomo Nuovo, Cattedrale di Brescia, risalente al 1604, fu eretto su un antico duomo paleocristiano.  

Accanto, il Duomo Vecchio o Rotonda del XII secolo è un edificio medievale circolare in pietra. 

https://youtu.be/GQzge4IkD80  

 

Piazza della Loggia è un chiaro esempio di piazza rinascimentale chiusa, il cui edificio principale è Palazzo della Loggia, sede della giunta comunale. 

La sua costruzione iniziò nel 1492 e fu completato nel ‘500 sotto la supervisione di Sansovino e di Palladio. 

https://youtu.be/tBnzjHTzi4g 

 

Brescia è rinomata anche per la sua gastronomia, sia per la cucina dell’entroterra che per quella di pesce nella zona dei laghi d’Iseo e di Garda, nonché per le specialità risalenti al Medioevo e al Rinascimento che si sono tramandate nel tempo. 

 

Ma prima di gustare queste prelibatezze, vi invito ad assaggiare il tipico aperitivo bresciano: il Pirlo. 

https://youtu.be/ttNmGA4sNI4  

BERGAMO

Bergamo è stata designata, assieme a Brescia, capitale della cultura italiana durante l’anno 2023. 

In questo modo il Governo italiano ha voluto dar luce a queste due città come simbolo di speranza in seguito al difficile periodo che hanno vissuto durante la pandemia. Infatti, durante quest’anno avranno occasione di mettere in mostra la loro vita ed il loro sviluppo culturale. 

Il centro abitato di Bergamo è diviso in due parti: la “Città Alta” che ospita i monumenti più importanti, e la “Città Bassa” più moderna, separate dalle mura venete che fanno parte del Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO. 

Bergamo è anche soprannominata “la città dei Mille” per via della grande quantità di volontari bergamaschi che presero parte alla spedizione dei Mille guidata da Giuseppe Garibaldi. 

Molti anni dopo, nel 1958, il cardinale Angelo Giuseppe Roncalli, nato a Sotto il Monte (piccolo comune in provincia di Bergamo), fu eletto al soglio pontificio prendendo il nome di Papa Giovanni XXIII. 

https://youtu.be/zY4F4b5iREY 

Il Duomo di Bergamo è dedicato al suo patrono Sant’Alessandro ed è situato accanto al Palazzo della Ragione. 

https://youtu.be/k-WbNJGn6FA 

 

Accanto al Duomo si trova anche la Basilica di Santa Maria Maggiore nel cui interno si possono apprezzare diversi stili architettonici che si sono susseguiti dall’epoca della sua costruzione. 

Inoltre, ospita la tomba del compositore Gaetano Donizetti, nato a Bergamo nel 1797. 

https://youtu.be/YEal93Pd7eQ 

 

Poco distante dalla “Città Alta” scopriamo il convento medievale di San Francesco, nella cui sala capitolare vi sono affreschi realizzati tra il ‘300 ed il ‘600. 

https://youtu.be/w3hLXM4ml18 

 

Adesso spostiamoci nella “Città Bassa”, nata dallo sviluppo di alcuni borghi lungo le vie principali di comunicazione. 

Il Sentierone è un viale pavimentato in cui si trovano il Teatro Gaetano Donizetti e la Chiesa di San Bartolomeo. 

https://youtu.be/QzRotsvobug 

 

Fondata nel 1796 dal Conte Giacomo Carrara, l’Accademia Carrara è considerata il museo del collezionismo italiano con opere che vanno dal Rinascimento all’Ottocento. 

https://youtu.be/ggwkyvOLAAs 

 

Bergamo è anche molto ricca dal punto di vista culinario dai primi ai dolci, tra cui spicca la “polenta e osei” (polenta e uccelli), dolce di marzapane, pandispagna e cioccolato, ideato nel Novecento, che riproduce l’aspetto del piatto di polenta e uccelli. 

Si racconta che Gioacchino Rossini, avendo come ospite Donizetti e constatando le amarezze sentimentali di quest’ultimo, ordinò al cuoco di preparare una ricetta semplice ma dolce. 

La torta piacque così tanto al musicista che da allora porta il suo nome: torta Donizetti. 

Vi lascio la ricetta, molto adatta per superare le pene d’amore: 

Montate del burro con zucchero, aggiungete dei tuorli e amalgamate bene.
Montate a neve gli albumi con zucchero e incorporateli lentamente al composto precedente.
Infine, aggiungetevi gradatamente farina, fecola, canditi, aromatizzando con maraschino e vaniglia.
Imburrate uno stampo per ciambella e versatevi l’impasto.
Passare in forno.
Fate raffreddare la torta e servitela spolverizzata con zucchero a velo. 

Si consiglia di abbinarla ad un Moscato di Scanzo, tipicamente bergamasco. 

 

VILLA “I TATTI”

Nei dintorni di Settignano, piccolo paese vicino a Firenze, un ampio spazio verde di campi, vigneti ed uliveti costituisce lo “spazio libero” che circonda Villa “I Tatti” e il suo giardino, protetti da una cortina di cipressi.  

Costruita su un edificio risalente all’XI secolo, la villa fu acquistata nel 1906 dallo storico e critico d’arte Bernard Berenson. 

https://youtu.be/EnjsH9t6vV4  

 

Tra la fine dell’Ottocento ed il primo ventennio del Novecento i coniugi Berenson acquistarono una vasta gamma di opere d’arte, tra cui dipinti su tavola italiani dal XIV al XVI secolo di artisti come Giotto, Lorenzetti, Luca Signorelli ed altri. 

La villa – che si trasformò in luogo di incontro di studiosi – ospita anche sculture, oggetti e pergamene asiatiche, un altare buddista in bronzo dorato del 529 d.C., opere islamiche e mobili di pregio. 

Nel 1897, nel suo libro “I pittori del Rinascimento nell’Italia centrale”, Berenson introdusse due concetti: “decorazione”, cioè tutti quegli elementi che in un’opera d’arte fanno leva sui sensi, come i colori e le tonalità oppure la forma e il movimento, e “illustrazione”: tutto ciò che richiama la nostra attenzione per ciò che l’opera d’arte rappresenta sia nella realtà che nella mente di qualcuno. 

In seguito, Berenson incluse nel concetto di decorazione i cosiddetti “valori tattili”.  

Questi, insieme al movimento, sono le qualità che permettono a un oggetto raffigurato di essere percepito come esistente. Berenson riteneva che Giotto fosse un “maestro supremo nello stimolare la coscienza tattile” usando la terza dimensione nelle sue opere, creando in questo modo l’illusione che si possano toccare con mano le figure in esse rappresentate. 

 

Bernhard Berenson attribuì il suo successo come critico d’arte alla solida formazione umanistica ricevuta alla Harvard University e, quindi, decise di lasciare la sua proprietà a questo ateneo affinché venisse istituito un centro di studi umanistici. Infatti, oggi la villa è la sede del Centro Studi sul Rinascimento Italiano. 

Oltre alla villa, Berenson lasciò ad Harvard la sua biblioteca di più di 50.000 volumi, le sue opere d’arte, i terreni agricoli e i giardini circostanti. 

Una delle clausole del suo testamento vietava la divisione della proprietà in più parti, al fine di preservare l’integrità di questa oasi protetta da 30 ettari di spazio verde che la tengono lontana dai rumori molesti della città. 

https://youtu.be/QJFRw_I0eFY 

 

A CASA DI BABBO NATALE

Sono finite da poco le feste natalizie con rinnovata gioia per i
bambini, ma anche per il bambino che noi adulti ci portiamo dentro.

Il tutto incomincia molti giorni prima con i preparativi: la scelta
dell’albero, la sistemazione degli addobbi, riscoprire qualche oggetto
che ha un significato particolare o che ci ricorda qualcosa …

E finalmente arriva il giorno tanto atteso!

Io, da bambina, speravo sempre di vedere Babbo Natale quando portava i
doni. Ovviamente, i miei genitori trovavano sempre una scusa per
distrarmi e portarmi via … ed ecco che al ritorno c’erano già i
regali sotto l’albero! … “dovrò aspettare un altro anno per vederlo”,
pensavo delusa tra me e me, ma senza dire mai niente a nessuno.

Sicuramente, in un modo o nell’altro, tutti abbiamo vissuto delle
situazioni simili nell’infanzia.

Ho detto “tutti”? …  mi sbaglio.

Vi racconto una storia veramente accaduta: c’era una volta un bambino
che, ogni anno, restava affascinato dalle luci e dallo scintillio
delle decorazioni natalizie.

Purtroppo questo bambino non ha mai avuto un albero di Natale perché a
sua madre non piaceva e quindi non lo faceva in casa.

Con il passare degli anni è scattata in Alessandro (questo il suo
nome) una vera passione per il Natale ed ha incominciato a cercare
l’albero di Natale che non aveva mai avuto.

Quindi, durante i suoi viaggi in Germania, nel nord Europa, nella
Repubblica Ceca e negli Stati Uniti ha acquistato tantissimi oggetti
natalizi. Ne fece una vera collezione.

Il caso ha voluto (o forse il destino?) che Alessandro qualche anno fa
visitasse un piccolo borgo a pochi chilometri a nord di Roma, Ponzano
Romano, il cui Santo Patrono è appunto San Nicola da cui deriva Santa
Claus, cioè Babbo Natale.

Alessandro sentì che il paese gli suggerisse che quello era il paese
di Babbo Natale!

Spesso i sogni si avverano, soprattutto quando ci si mette impegno ed
entusiasmo come in questo caso.

Quegli oggetti natalizi di cui parlavo prima, hanno dato vita ad un
museo nel paese di Babbo Natale … a Ponzano Romano, dove i bambini
possono anche incontrarlo e consegnargli la letterina.

Vogliamo entrare a casa di Babbo Natale? https://youtu.be/OfqLY9k0ATI

Il progetto, assolutamente privato e senza aiuti di nessuno, è ancora
in via di sviluppo ed occuperà più di dieci sale distribuite in
diversi palazzi del centro storico del paese.

In futuro, quando i lavori saranno ultimati, il museo resterà aperto
tutto l’anno e sono previsti anche eventi e mostre tematiche nonché
uno spazio dedicato ai gadget creati appositamente per il museo.

Tornate un po’ bambini anche voi e … visitatelo!

ABBAZIA DI VALLOMBROSA

In un fantastico e verde angolo della Toscana che copre circa 1270 ettari a sudest di Firenze, si trova un’area perfetta per immergersi nella storia e nella natura: la Vallombrosa. 

La località, che fa parte del comune di Reggello, dà il nome alla foresta e all’abbazia. 

 

L’abbazia di Vallombrosa nacque con la fondazione dell’ordine dei Vallombrosani ad opera di Giovanni Gualberto, un nobile fiorentino che si era ritirato a vita monastica. 

La prima costruzione risale al 1038: allora era un modesto oratorio in legno con il solo altare in pietra. 

Lo sviluppo della comunità tra il 1224 e il 1230 portò ad una nuova costruzione. La chiesa, come si presenta oggi, è fondamentalmente quella del 1230, con una navata unica molto allungata. 

https://youtu.be/0fTU5N3Jpqw 

 

Nell’antico romitorio, detto “Paradisino”, alloggiavano i viaggiatori che visitavano l’abbazia e i boschi circostanti. Una targa affissa sulla parete esterna del “Paradisino” fa riferimento ad una eventuale visita del poeta inglese John Milton nel 1638. 

 

Vallombrosa significa tante altre curiosità nelle vicinanze dell’abbazia, in primis le cappelle:  

  • il Masso del Diavolo – cappella tabernacolo costruita sulla rupe dove la leggenda vuole che un discepolo di S. Giovanni Gualberto, istigato dal diavolo, si sia gettato nel vuoto;  

  • la Cappella di S. Torello – costruita nel 1605, forse su un luogo di eremitaggio. In passato venne usata come oratorio per le donne, a cui era totalmente proibito l’accesso all’Abbazia; 

  • Il Masso di S. Giovanni Gualberto – costruita nel 1706 a ricordo di una pietra che, diventata appiccicosa, impedì al santo di essere scaraventato a valle dal demonio; 

  • Cappella delle Colonne (per le due colonne che reggono il loggiato);  

  • la Cappella del Beato Migliore – costruita nel Seicento vicino alla grotta dove visse in eremitaggio e morì (nel 1158) il beato Migliore da Valgiano; 

  • il Faggio Santo – cappella del XVI secolo, eretta sul luogo dove la leggenda pone il grande faggio che riparò S. Giovanni Gualberto appena arrivato nella foresta; 

  • la Cappella di S. Girolamo, del Settecento; 

  • la Cappella di S. Caterina d’Alessandria; 

  • il Tabernacolo di S. Sebastiano, forse del XVII secolo, ricorda come due frati uccisi dalla peste del 1348, vennero ritrovati dai confratelli solo molti giorni dopo (per la festa di S. Sebastiano), e quindi non contagiarono la comunità; 

  • la Fonte di S. Giovanni Gualberto, costruita nel 1629, vi si celebrava la messa per le donne, dato che qui era il limite della zona a loro interdetta. 

https://youtu.be/44NX6GA97bM 

OSTIA ANTICA

Roman empire sunset street view in archeological excavations of Ancient Ostia – Rome

In latino “Ostium” significa “bocca di fiume” e, infatti, l’antica città di Ostia venne fondata proprio sulla bocca del fiume Tevere, luogo di importanza strategica. 

Situata a 30 chilometri ad ovest di Roma, Ostia fu fondata nel IV secolo a.C. dal re di Roma Anco Marzio e fu una località molto importante per il suo ruolo di centro nevralgico del commercio portuale. 

Il suo grande sviluppo avvenne in epoca imperiale, strettamente legato all’annona, cioè l’approvvigionamento di grano per la capitale. 

https://youtu.be/PRpGUn3LpV0 

 

Quando un’epidemia di malaria colpì duramente la zona, i suoi abitanti fuggirono per salvarsi e abbandonarono la città, che restò sepolta sotto la sabbia per vari secoli. 

https://youtu.be/Vu2GLHFzavE 

 

Situato all’interno dell’area archeologica degli scavi, il teatro romano di Ostia Antica fu eretto sotto Augusto alla fine del I secolo a.C. 

All’epoca era in grado di accogliere 3000 persone e alla fine del II secolo il teatro venne ampliato fino ad una capacità di circa 4000 posti. 

Il teatro, che offre un’atmosfera unica e suggestiva, oggi ospita numerosi eventi culturali. 

https://youtu.be/yOq60oj4KvA  

IL VESUVIO, TRA STORIA E ARTE

L’incredibile vista panoramica che offre il Golfo di Napoli è dominata ad est dal Vesuvio, uno dei vulcani più studiati e pericolosi al mondo a causa dell’abbondante popolazione delle zone circostanti e delle sue caratteristiche esplosive.

Ecco qualche notizia in più sul suo conto e sulla sua storia:

https://youtu.be/P5p4EBarL7o

Il Vesuvio ha sempre reso le vedute di Napoli affascinanti e inconfondibili sia per gli abitanti del Regno che per gli stranieri.

Fino alla prima metà del ‘700 generalmente faceva da sfondo al paesaggio napoletano come elemento accessorio, lasciando il protagonismo alle persone in preda al terrore per un’eruzione in corso.

Nella seconda metà del XVIII secolo il Vesuvio domina la scena nelle opere degli artisti, essendo ripreso da diversi punti lungo il golfo di Napoli.

Nel secolo successivo le rappresentazioni del Vesuvio perdono ogni valore emozionale, riducendosi a ripetizioni della classica immagine del golfo con il vulcano fumante sullo sfondo.

https://youtu.be/Q10PJ3NjTxY

Tra i numerosi artisti del ‘700 e ‘800 che hanno ritratto il Vesuvio sono da ricordare Carlo Bonavia:

https://youtu.be/0zg_ChNbZy8

Pietro Fabris:

https://youtu.be/59CNjdx29IU

Mentre di Bonavia e di Fabris mancano informazioni biografiche, sappiamo  che Giacinto Gigante è stato pittore, incisore e docente.

Nel 1821 completò i suoi studi a Napoli sotto la guida del pittore olandese Anton Sminck van Pitloo, il quale teneva un corso di paesaggio presso l’Accademia di Belle Arti della città.

Nel 1824 Gigante risultò vincitore del premio di seconda classe del paesaggio.

Nel 1837, dopo la morte di van Pitloo, Gigante si affermò quale maggiore esponente della scuola di Posillipo.

https://youtu.be/EiOwCDZwbNM

Vi lascio una raccolta di quadri sul Vesuvio che include opere anche di artisti contemporanei:

https://youtu.be/Dy8XvKX8wyg

MOLE ANTONELLIANA

Nel cuore di Torino, in via Montebello, sorge l’edificio monumentale che è diventato il simbolo della città: la Mole Antonelliana.  Deve il suo nome all’architetto e ingegnere Alessandro Antonelli che curò il progetto e la sua costruzione.

Facciamo un primo approccio a quest’opera grandiosa:

https://youtu.be/agSKwxWDpLA

Un po’ di cronistoria ci aiuterà a capire meglio come si è arrivati alla realizzazione della Mole e chi era in realtà Alessandro Antonelli, uomo di una personalità particolare, sempre all’avanguardia.

https://youtu.be/IpKVDfxvS88

Verso la fine dell’800 la Mole fu completamente illuminata grazie al sistema di illuminazione a gas della città.

Negli ultimi anni si decise di illuminarla di color rosso-granata il 4 maggio di ogni anno per ricordare le vittime della squadra Grande Torino nella tragedia di Superga avvenuta nel 1949.

Inoltre, la Mole Antonelliana è presente sul retro delle monete italiane da 2 centesimi di euro: alcuni anni fa la Zecca, per errore, coniò con la Mole un lotto da 1 centesimo che fu subito ritirato. Ma rimasero in circolazione circa 100 e oggi sono oggetto di ricerca da parte dei collezionisti e il loro valore è di circa duemila euro.

Un’altra interessante opera dell’architetto Alessandro Antonelli è la cupola della Basilica di San Gaudenzio a Novara:

https://youtu.be/C0LjXt1cukE

Dal 2000 la Mole ospita il Museo Nazionale del Cinema con la collezione dell’archeologa Maria Adriana Prolo che include bobine dei primi film, sceneggiature, macchine fotografiche, riviste, foto e pezzi provenienti dai set cinematografici di film italiani e stranieri.

Un’esposizione capace di far immergere il visitatore nella magia del cinema come quando si assiste alla proiezione di un film.

https://youtu.be/x1ecdQsk-Fo

MANTOVA

Mantova non è lontana dal lago di Garda né dal confine con il Veneto e l’Emilia-Romagna.

Fondata dagli Umbri, successivamente abitata dagli Etruschi, poi dai Celti ed, infine, dai Romani. E’ proprio in questo periodo in cui  nacque Virgilio (70 a.C.) in un piccolo villaggio nei pressi della città.

La famiglia Canossa dominò Mantova fino all’ascesa dei Bonacolsi nel 1276.  Nel 1328  Rinaldo Bonacolsi fu ferito a morte da Luigi Gonzaga ed in questo modo la famiglia Gonzaga regnerà a Mantova fino al 1707 e la renderà uno dei massimi centri d’arte in Europa.

https://youtu.be/z0szZ1uCFkg

A circa 9 km dalla città di Mantova si trova il Santuario della Beata Vergine Maria delle Grazie, meta dei pellegrini.

Ogni 15 agosto, solennità dell’Assunta, il Sagrato si trasforma in un tappeto composto dalle riproduzioni di celebri dipinti a soggetto sacro a cura dei Madonnari.

https://youtu.be/dCSc4oFdfGc

“Questo è un palazzo per il tempo libero ed il divertimento, per l’onesto ozio del Principe” recita un’iscrizione nella Camera di Amore a Psiche all’interno di Palazzo Te.

L’intero complesso, decorato tra il 1525 e il 1535, fu realizzato dall’architetto Giulio Romano per Federico II Gonzaga.

L’origine del nome si deve all’isola, poco distante da Mantova, denominata dal medioevo Tejeto (poi abbreviato in Te).

https://youtu.be/nq4YQ050-xQ

Mantova è anche rinomata per la sua gastronomia, in particolare per la mostarda (una conserva di uno o più tipi di frutta trattata, a seconda della ricetta,  con zucchero o miele, e mosto o senape), i tortelli di zucca e il riso alla pilota.

Il nome di quest’ultimo ha origine dialettale: infatti, tra i braccianti delle riserie, i “piloti” erano gli addetti alla pilatura del riso che una volta era fatta in un grande mortaio (la pila) manovrando a mano una specie di pestello meccanico.

OPIFICIO DI SAN LEUCIO

A 3,5 km a nord ovest da Caserta si trova San Leucio,  il cui sito reale, insieme alla Reggia di Caserta, è stato dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO.

E’ proprio qui che nel 1778 Ferdinando IV fondò le seterie coinvolgendo gli abitanti del borgo in uno straordinario esperimento sociale.

https://youtu.be/YKUzyX-k_2c

La Colonia di San Leucio nasce nel 1776 con la sistemazione delle prime 17 famiglie e nel 1786 fu iniziata la costruzione dei quartieri operai.

Già nel 1773 nelle colline di San Leucio il Re aveva programmato attività agricole. Infatti, sfruttando il declivio del terreno venne costruito un impianto a semicerchio diviso in 10 raggi, conosciuto come la vigna del Ventaglio.

Torniamo all’opificio per conoscerne un po’ di più:

https://youtu.be/rvn-X9fHIgI

E’ interessante fare una visita al Museo, dove si trovano le macchine ancora perfettamente funzionanti, per conoscere il percorso della produzione di questi pregiati tessuti dal baco da seta al prodotto finito nonché gli appartamenti reali:

https://youtu.be/8AChv_RkZG0

REGGIA DI CASERTA

Roma Termini, si sale sul treno e in un’ora si arriva a Caserta.

Vicinissima alla stazione è lì … maestosa, elegante ed imponente … la Reggia di Caserta!

Sorta per volere di Carlo di Borbone e destinata ad essere il centro del nuovo Regno di Napoli… era il 1750.

Il progetto, che doveva rivaleggiare con le altre residenze delle corti europee,  venne affidato all’architetto Luigi Vanvitelli che iniziò la sua costruzione nel 1752,la quale proseguì a pieno ritmo fino al 1759, anno della morte di Carlo di Borbone.

Dal quel momento i lavori rallentarono e, nel 1773, alla morte di Vanvitelli, furono completati dal figlio Carlo e, successivamente,  da altri architetti che si erano formati nella sua scuola.

https://youtu.be/XixI6w3Tgjo

All’ingresso ci accoglie lo Scalone d’onore, molto scenografico, che collega il vestibolo inferiore e quello superiore, dal quale si accede agli Appartamenti Reali.

La Biblioteca Palatina, voluta alla fine del ‘700 dalla moglie di Ferdinando IV di Borbone, Maria Carolina d’Asburgo-Lorena,  è costituita da tre sale con la raccolta libraria e due anticamere.

Nel 1784 Ferdinando IV di Borbone istituì l’Archivio Storico della Reggia finalizzato a documentare i rapporti economici e amministrativi della Casa borbonica con tecnici, fornitori, artisti e maestranze con informazioni su lavori, costi e sul personale impegnato nella realizzazione della Reggia e dei Siti Reali.

Dal 1994 la Reggia di Caserta ospita la Collezione Terrae Motus, ideata dal gallerista napoletano Lucio Amelio dopo il terremoto del 23 novembre 1980 che devastò Campania e Basilicata.

Questa rassegna, dedicata alla tragedia,  coinvolse i maggiori artisti contemporanei, tra cui, Miguel Barceló, Mario Merz, Mimmo Palladino, Michelangelo Pistoletto, Andy Warhol ed altri.

All’uscita dal palazzo i giardini si presentano separati da un viale centrale che conduce fino alla Fontana Margherita, fiancheggiata da boschetti di lecci e carpini.

https://youtu.be/ZztRHmorFRM

GARBATELLA

La Garbatella è quella zona del quartiere Ostiense di Roma che per secoli è stato il luogo di passaggio dei pellegrini che percorrevano la via delle Sette Chiese, che collega la basilica Paolina alla basilica di San Sebastiano fuori le mura.

Sono tante le ipotesi riguardanti l’origine del nome Garbatella, ma la più diffusa sostiene che era l’appellativo dato dai viaggiatori alla proprietaria di un’osteria che offriva loro alloggio nella sua locanda.

Il quartiere nasce ufficialmente il 18 febbraio 1920 ed è tradizionalmente suddiviso in lotti, occupati da costruzioni che circondano cortili e giardini.

https://youtu.be/rfzmvncXJnw

Una delle vie più importanti della Garbatella è via delle Sette Chiese, che prende il nome dal numero delle chiese che si visitavano per acquisire speciali indulgenze.

Il “giro delle sette chiese” fu formalizzato da San Filippo Neri ed è una tradizione religiosa che risale al 1540: i fedeli vanno in pellegrinaggio visitando le sette basiliche più antiche di Roma: San Giovanni in Laterano, Santa Maria Maggiore, San Pietro in Vaticano, San Paolo fuori le Mura, Santa Croce in Gerusalemme, San Lorenzo fuori le Mura e San Sebastiano.

Le principali chiese della Garbatella sono la cosiddetta “Chiesoletta” dei Santi Isidoro ed Eurosia, la chiesa di San Filippo Neri in Eurosia e la chiesa di San Francesco Saverio alla Garbatella.

Nel giardino pubblico si trova l’ingresso delle catacombe di Commodilla, con una piccola basilica ipogea della fine del IV secolo.

https://youtu.be/ESOulFjZcxI

 

ACCADEMIA NAZIONALE DEI LINCEI

Parlare di “accademia” ci riporta a quella fondata da Platone nel 387 a.C., e parlare di “lince” ci fa subito pensare a quel felino dotato di una vista molto sensibile in condizioni di scarsa luminosità.

L’abbinamento del concetto di “accademia”, intesa come associazione permanente di studiosi,  al nome della “lince”, felino di eccezionale visione superiore a quella di ogni altro essere vivente, è stato l’origine della denominazione scelta dai fondatori dell’”Accademia dei Lincei” (una delle più antiche istituzioni scientifiche d’Europa).

Era l’anno 1603 quando Federico Cesi, patrizio umbro-romano appassionato studioso di scienze naturali, fondò a Roma – assieme ai suoi amici Giovanni Heckius, Francesco Stelluti e Anastasio de Filiis –  un  sodalizio  per promuovere e coltivare gli studi naturalistici con libera osservazione sperimentale.

La novità della loro Accademia era appunto l’interesse sulle scienze della natura, mentre le altre accademie esistenti all’epoca si occupavano di materie letterarie.

https://youtu.be/0Sdzcc0JSbw

A questi primi anni di attività risalgono importanti pubblicazioni e ricerche di astronomia, fisica, botanica, il “Saggiatore” di Galilei e il cosiddetto “Tesoro Messicano” sulla flora, fauna e farmacopea del Nuovo Mondo.

Cesi morì prematuramente nel 1630 e l’Accademia sopravvisse fino al 1651.

Nel 1874 lo statista e scienziato piemontese Quintino Sella ridiede vita all’istituzione e decise di ampliare l’ambito delle scienze fisiche, matematiche e naturali a quello delle scienze morali o umanistiche (storia, filologia, archeologia, filosofia, economia e diritto).

Ogni classe (quelle delle scienze fisiche e quella delle scienze morali) prevede da statuto un numero massimo di 90 soci nazionali e altrettanti corrispondenti e stranieri cooptati annualmente.

L’attuale sede dell’Accademia Nazionale dei Lincei a Roma è il settecentesco Palazzo Corsini alla Lungara.

Nel 1735 il Cardinale Neri Corsini, nipote di Papa Clemente XII, acquistò Palazzo Riario, che fece modificare ed ingrandire, oggi noto come Palazzo Corsini.

Nel 1883 fu acquistato dal Governo italiano per adibirlo a sede dell’Accademia dei Lincei e della Galleria d’Arte Antica, già Corsini.

In questo video una breve visita a Palazzo Corsini sotto la guida del critico d’arte Philippe Daverio:

https://youtu.be/6_mn1D-JS9c

La Villa della Farnesina, commissionata ai primi del ‘500  dal ricco banchiere senese  Agostino Chigi  all’architetto Badassarre Peruzzi, vanta al suo interno affreschi di  maestri come Raffaello, Sebastiano del Piombo, Giovanni Antonio Bazzi e dello stesso  Peruzzi.

Nel 1579, dopo la morte di Agostino Chigi,  la villa fu acquistata dal Cardinale Alessandro Farnese e prese il nome di Farnesina.

Fu ereditata da suo nipote e alla sua morte la villa fu abbandonata e ceduta ad ospiti eccellenti come il Cardinale Richelieu, la Regina Cristina di Svezia ed altri, fino al 1735 in cui passò in eredità a Carlo IV, re delle Due Sicilie.

Quando Francesco II di Napoli si ritirò a Roma dopo l’abdicazione,  concesse la villa in enfiteusi per 99 anni all’allora Ambasciatore di Spagna a Napoli, il Duca di Ripalta.

Nel 1927 Villa Farnesina fu acquistata dallo Stato italiano che la destinò a sede dell’Accademia d’Italia e nel ’44 la diede in proprietà all’Accademia Nazionale dei Lincei, che si trova nell’antistante Palazzo Corsini, della quale è sede di rappresentanza.

https://youtu.be/5V8ScsCfIDc

LUOGHI DI CULTO E DI INCONTRO

I luoghi di culto, spesso e volentieri, oltre a celebrare le funzioni religiose, sono anche punti di incontro per le comunità straniere residenti in un Paese.

E’ il caso della Cattedrale dei SS. Sergio e Bacco, piccola e antichissima chiesa  di rito bizantino-ucraino, sita in Piazza Madonna dei Monti a Roma.

La chiesa, diventata cattedrale nel 2019, è dedicata a due soldati dell’esercito romano, di religione cristiana, martirizzati nel 303 sotto l’Imperatore Diocleziano.

Fu ricostruita dopo il Sacco di Roma nel 1527 e restaurata di nuovo nel ‘600 dal Cardinale Antonio Barberini. Papa Urbano VIII la assegnò ai Monaci Ruteni di San Basilio, della provincia ecclesiastica di Kiev, che tuttora la amministrano.

Dal 1061 è una delle chiese degli Ucraini residenti a Roma.

https://youtu.be/dtaw9e9eGkE

Nei pressi della stazione S. Pietro, non lontano dal Vaticano, si trova la Chiesa ortodossa di Santa Caterina Martire (o di Santa Caterina di Alessandria), all’interno del parco di Villa Abamelek, residenza ufficiale dell’Ambasciatore della Federazione Russa in Italia.

https://youtu.be/qIdKj-Sa2yE

Nel 1907 l’aristocratico russo Semion Semionovich Abamelek Lazarev acquistò la villa dalla famiglia Ricasoli e la arricchì con una preziosa raccolta di  opere d’arte.

Prima di morire, nel 1916, lasciò in testamento la villa all’Accademia Russa delle Scienze e nel 1946  divenne proprietà dell’Unione Sovietica, che la utilizzò come residenza ufficiale dei propri ambasciatori.

Il parco oggi comprende un portico, una torretta, la Palazzina Belvedere, la chiesa dedicata a Santa Caterina Martire, un teatro chiamato  e ventisette ettari con una variegata presenza di animali.

https://youtu.be/viQZGPDOaDY

La Chiesa di Santa Caterina Martire è il più grande luogo di culto ortodosso russo costruito all’estero dopo la rivoluzione del 1917 ed è il punto di incontro per tutta la comunità russofona di Roma (ucraini, moldavi e russi).

PUCCINI, ROMA E I LUOGHI DI TOSCA

Giacomo Puccini ha spesso preferito luoghi esotici per ambientare le sue opere, come la Cina per Turandot e la Nagasaki per Madama Butterfly, o il fascino di Parigi per La Bohème.

Ma per una delle sue opere più belle, Tosca, ha scelto Roma.

L’opera è completamente immersa negli eventi storici del 1800: la caduta della Repubblica Romana, la restaurazione dello Stato Pontificio e gli echi rivoluzionari provenienti dalla Francia.

Il compositore lucchese, ormai celebre e benestante, tornò a coltivare l’idea – che già aveva avuto prima di comporre Manon Lescaut –  di musicare “La Tosca”, il dramma scritto da Victorien Sardou, e ne scrisse in proposito a Ricordi.

Giacosa e Illica si misero subito al lavoro per rendere il testo idoneo ad un’opera lirica e Puccini incominciò a comporre la musica nel 1898.

Il 14 gennaio 1900 fu rappresentata per la prima volta al Teatro Costanzi di Roma. Anche se molto criticata dalla stampa in quell’occasione,  nel giro di pochi anni era nel repertorio dei maggiori teatri lirici del mondo.

La vicenda ruota attorno ai tre personaggi principali, Tosca, Cavaradossi e Scarpia: una storia d’amore, gelosia, potere e grandi ideali.

L’opera è in tre atti che si svolgono in altrettanti tre luoghi di Roma.

Il primo atto ha come sfondo la Basilica di Sant’Andrea della Valle: il pittore Cavaradossi, mentre dipinge un quadro sulla Madonna, incontra Cesare Angelotti, ex console della Repubblica Romana, fuggito dalla prigione di Castel Sant’Angelo. Poco dopo si incontreranno anche Tosca (amante del pittore) e il barone Scarpia, capo della polizia e innamorato di Tosca, che vuole scoprire il luogo dove Cavaradossi ha nascosto Angelotti.

Ascoltiamo  Luciano Pavarotti interpretando la prima romanza dell’opera, “Recondita armonia”:

https://youtu.be/OR-3jUWP6e8

La Basilica di Sant’Andrea della Valle si trova in Piazza Vidoni, nel rione Sant’Eustachio.

La sua costruzione è iniziata a fine ‘500, ma la facciata gotica fu aggiunta nella seconda metà del 1600.

Al suo interno si trova la Cappella Barberini, alla quale Puccini si ispirò per ambientare il primo atto dell’opera.

https://youtu.be/JeigVAmvhHE

Ci spostiamo a Palazzo Farnese, dove risiede il barone Scarpia e dove si svolgerà il secondo atto.

Tosca, per salvare Cavaradossi dalla condanna a morte, è disposta a tutto e Scarpia ne approfitta, concedendo la grazia e un salvacondotto per i due amanti a patto che Tosca gli si conceda. Tosca è costretta a cedere, ma nel momento in cui Scarpia si avventa su di lei, lo pugnala a morte con un coltello.

Ecco a voi la scena: il barone Scarpia è interpretato dal baritono Renato Bruson:

https://youtu.be/5hMYeK5C2ZE

Palazzo Farnese si prospetta su una piazza ornata di fontane.

Di proprietà dello Stato Italiano, è stato concesso nel 1936 al governo francese e vi ha sede l’Ambasciata di quel Paese.

https://youtu.be/D1LTDnroxPI

Il terzo atto dell’opera è ambientato a Castel Sant’Angelo: è l’alba e Cavaradossi attende l’ora in cui verrà giustiziato, cantando la struggente aria “E lucevan le stelle”.

Ascoltiamola nell’interpretazione di Mario Del Monaco:

https://youtu.be/0i2ZCa-0YEI

Nella scena finale del terzo atto, Tosca compare all’improvviso, mostra all’amante il salvacondotto e lo informerà della fucilazione simulata pattuita con Scarpia.

Ma Cavaradossi verrà veramente fucilato e Tosca, sconvolta e inseguita dalle guardie dopo l’assassinio di Scarpia, sale sul parapetto e gridando “O Scarpia, avanti a Dio!”, si getta dal bastione.

La costruzione di Castel Sant’Angelo fu iniziata nel 125 a.C. sotto l’Imperatore Adriano  che lo voleva come mausoleo funebre.

A partire dal V secolo divenne una fortezza oltre il Tevere a difesa di Roma e dalla prima metà del X secolo fu utilizzato anche come prigione.

Nei secoli successivi furono costruite al suo interno le stanze papali, mentre all’esterno fu dotato di ulteriori fortificazioni.

Nell’Ottocento fu usato anche come carcere politico, ma dai primi del ‘900 è diventato museo.

https://youtu.be/xOlfnhIVu54

IL VITTORIALE DEGLI ITALIANI

Nel 1921 Gabriele D’Annunzio, all’epoca  58enne, acquista una villa con vista a Gardone Riviera sulle rive del Lago di Garda e la trasforma, con l’aiuto dell’architetto Giancarlo Maroni,  in un complesso monumentale, i cui lavori si svolgeranno nel periodo 1921-1938.

Nel 1923 D’Annunzio decide di donare al popolo italiano la sua residenza, da poco ribattezzata Il Vittoriale degli Italiani, usando un antico aggettivo che evocava la vittoria, a memoria della sua vita e delle imprese degli italiani durante la Prima Guerra Mondiale.

Il Vittoriale degli Italiani è un complesso di edifici, vie, piazze, con un imponente anfiteatro, giardini, corsi d’acqua e l’hangar dove è custodito il MAS 96 con cui compì la Beffa di Buccari. Sull’edificio spicca il motto “Memento Audere Semper” (“Ricordati di osare sempre”).

La sommità del parco è sovrastata dal mausoleo con il monumento funebre dello scrittore.

https://youtu.be/7gASZdDQRPM

L’edificio centrale ha poco più di una dozzina di stanze, tutte cariche di oggetti e contraddistinte dalla stessa atmosfera cupa, quasi opprimente, per l’eccessiva quantità di statue, dipinti, maioliche, cimeli di imprese militari, stampe, fotografie e libri.

Le pareti sono completamente tappezzate e i tendaggi pesanti servono a  contrastare la fotofobia di cui soffriva lo scrittore.

Nella Stanza del Mascheraio attendevano conoscenti e seccatori, mentre nella Stanza della Musica suonava il pianoforte una delle sue amanti, Luisa Bàccara.

La Stanza del Mappamondo custodisce un grande mappamondo di carta pergamena e la Zambracca era la stanza in cui D’Annunzio scriveva e leggeva, e dove fu trovato morto il 1º marzo 1938.

La camera da letto è la Stanza della Leda, che prende il nome dalla statua che rappresenta il mito di Leda e il cigno.

Il Bagno blu, come i colori dei sanitari, circondati da preziose e antiche mattonelle persiane, boccette e scatoline.

Il luogo della meditazione era la Stanza del Lebbroso in cui si trova la statua di San Sebastiano.

Il Corridoio della Via Crucis conduce alla Sala delle Reliquie, dove lo scrittore collezionava elementi di tutte le religioni.

Nell’Oratorio dalmata si conserva l’elica dell’idrovolante di Francesco De Pinedo con cui volò dalla Lombardia all’Australia e infine in Giappone.

D’Annunzio sbrigava la corrispondenza nello Scrittoio del Monco e da lì si arriva all’Officina, cioè il suo studio.

La sala da pranzo viene chiamata Stanza della Cheli (più avanti scopriremo il perché di questo nome) e da qui si apre lo Schifamondo, sezione nuova della casa che oggi ospita il “Museo D’Annunzio Eroe” con numerosi cimeli militari legati alle sue imprese.

Per meglio capire la maestosità di questo complesso monumentale, vi lascio  questo breve documentario:

https://youtu.be/eRJgog9Advk

GLI EREMI

Dal greco èremos (solitario, deserto), agli inizi del Cristianesimo, III-IV secolo, l’eremo era un rifugio nel deserto o una grotta.

Col passare del tempo, la forma si è evoluta in strutture murarie o in pietra a secco, sempre appoggiate a pareti rocciose.

Nel Medioevo quelle strutture diventano più complesse, crescono di dimensioni. sono dislocate su più piani e gli ordini che le gestiranno arricchiscono gli esterni con inserti lavorati in pietra e gli interni con affreschi e decorazioni. Inoltre diventa necessario dividere l’eremo in celle per ospitare i singoli eremiti.

Questi luoghi sacri, un tempo usati dagli eremiti ed inaccessibili, oggi possono essere raggiunti per assaporare pace e silenzio, ma soprattutto per godere di bellissimi panorami in quanto sono immersi nella natura incontaminata, spesso a picco sull’acqua o sulle vallate.

Iniziamo un viaggio ideale alla scoperta di alcuni degli eremi più belli d’Italia.

Nel cuore della foresta del Casentino, in provincia di Arezzo, salendo fino a 1100 metri, si raggiunge l’Eremo di Camaldoli, fondato nell’XI secolo da San Romualdo, monaco benedettino.

Il primo nucleo dell’eremo fu costituito da 5 celle e un piccolo oratorio dedicato a San Salvatore Trasfigurato. Successivamente furono aggiunte altre 15 celle.

L’antica cella di San Romualdo, oggi inglobata nell’edificio della biblioteca, mantiene al suo interno la struttura tipica della cella eremitica: un corridoio che si snoda su tre lati, custodendo al suo interno gli spazi di vita del  monaco, la stanza da letto, lo studio, la cappella.

https://www.youtube.com/watch?v=-qvifpVe_DU

Sul monte Subasio, immerso in un bellissimo paesaggio e sospeso a 800 metri, troviamo l’Eremo delle Carceri, il luogo in cui San Francesco d’Assisi e i suoi compagni si ritiravano per pregare e meditare.

Infatti la parola Carcere proviene dal latino carcer, cioè luogo appartato, solitario, adatto alla vita di preghiera.

Il luogo, a soli 4 km. da Assisi, consisteva in un grande blocco roccioso, con grotte usate come celle per i singoli frati e un piccolo Oratorio centrale e visibile dove confluivano i fratelli per la preghiera comune.

All’inizio del 1400, per impulso di San Bernardino da Siena, viene costruita la piccola Chiesa, il Coro, il Refettorio e il dormitorio con celle per i frati. Le altre costruzioni sono state eseguite nei secoli successivi.

https://youtu.be/SF-OLIuhvQ0

A Genga, in provincia di Ancona, l’Eremo di Santa Maria Infra Saxa si trova nel luogo dove sorge il “Tempio del Valadier”.

Le prime testimonianze scritte dell’eremo risalgono al 1029 e parlano di un monastero femminile di clausura abitato da monache benedettine.

All’interno un piccolo altare sostiene la scultura in pietra della Madonna col Bambino.

Il “Tempio di Valadier” fu costruito nel 1828 per volere di Papa Leone XII a ridosso di un enorme grotta, su disegno dell’architetto Giuseppe Valadier.

La struttura architettonica è a forma ottagonale in stile neoclassico. Il tempio è in conci di travertino bianco e sormontato da una grande cupola rivestita a piombo di colore scuro che sfiora la roccia del tetto della grotta.

All’interno c’è una graziosa sala impreziosita da un altare in alabastro. Al centro dell’altare spicca una scultura raffigurante la Madonna col Bambino: si tratta di una copia perché l’originale, attribuito ad Antonio Canova e realizzato in marmo bianco di Carrara, è custodito al Museo di Genga.

https://youtu.be/JE2JOBndQxo

Ci spostiamo  in provincia di Rieti, nel Lazio, e a 600 metri di altezza, incassato nella roccia si trova il Santuario di Greccio.

Greccio è il luogo dove è stata celebrata, nella cavità di una grotta, la notte di Natale dell’anno 1223 per volere di San Francesco d’Assisi, il quale per  riprodurre la scena di Betlemme fece collocare in una grotta una mangiatoia con il fieno per il bue e l’asinello.

https://youtu.be/H7f49C2OOlU

il nostro viaggio ideale finisce sulla sponda orientale del Lago Maggiore per visitare l’Eremo di Santa Caterina del Sasso, a strapiombo sulle acque del lago.

E’ molto curioso che questo eremo sia dedicato al culto di una santa cara soprattutto al mondo orientale: Santa Caterina d’Alessandria d’Egitto.

Evidentemente l’oriente non era così lontano da questi luoghi lombardi, interessati dal passaggio di pellegrini e soldati, magari di ritorno dalle Crociate o da qualche avventuroso viaggio di fede nei luoghi della Terra Santa.

https://youtu.be/jLLaW5o_fls

 

BASILICA DI SANTA CROCE

Secondo la tradizione i primi compagni di San Francesco giunsero a Firenze già nel 1209.

All’epoca molti contadini lasciavano i campi per trasferirsi nei borghi, insediamenti costruiti all’esterno delle mura. I frati dei nuovi Ordini religiosi mendicanti si stabilirono tra questi abitanti: i francescani scelsero la riva nord dell’Arno, in una zona paludosa, invasa spesso dalle piene del fiume.

Nel 1228 quando Francesco fu proclamato santo, a due anni dalla sua morte, viene nominata per la prima volta la chiesa di Santa Croce.

Tra il 1252 e il 1267 il primo edificio fu sostituito da un secondo, ma anche questo presto non bastò più per contenere i fedeli e si progettò un complesso molto più ampio: la prima pietra della chiesa attuale fu posata il 3 maggio 1294 (o 1295), affidato al principale architetto fiorentino, Arnolfo di Cambio.

Dopo il transetto si passò alle tre navate separate da pilastri con archi a sesto acuto, fino ad arrivare al completamento dei lavori intorno alla fine del XIV secolo.

La chiesa però fu consacrata solo nel 1443 da papa Eugenio IV. Santa Croce – la cui forma rievoca l’abito di San Francesco.

Nel 1566 il duca Cosimo I de’ Medici affidò a Giorgio Vasari il compito di rinnovare le chiese fiorentine annesse ai conventi, tra cui Santa Croce, per adeguarle alle direttive del Concilio di Trento.

La chiesa fu prima tempio funerario dei Francescani, poi dei membri delle ricche famiglie del quartiere.

I sepolcri di Leonardo Bruni e Carlo Marsuppini, cancellieri della Repubblica fiorentina, testimoniano il passaggio di Santa Croce a custodia delle glorie fiorentine; la tradizione di onorare nella chiesa la memoria dei grandi fu ripresa nel 1564 da Cosimo de’ Medici per Michelangelo. In seguito l’editto di Napoleone, che vietò per motivi igienici le sepolture nelle chiese, spinse Ugo Foscolo a comporre i Sepolcri (1807), nei quali addita Santa Croce come luogo consacrato alla memoria, tempio che accoglie «l’Itale glorie!», dalle cui virtù si deve trarre ispirazione. Santa Croce si trasforma così da Pantheon cittadino a Pantheon degli italiani.

Nell’Ottocento, dato il rilievo assunto dalla chiesa, si avvertì la necessità di ultimare la facciata che venne completata nel 1865, in concomitanza con i festeggiamenti per il sesto centenario della nascita di Dante. Nel 1933 Santa Croce venne elevata al rango onorifico di basilica.

https://youtu.be/GKdhFMdCxpg

MONTE SORATTE

 “Vedi che il gelido Soratte è candido di neve rigida …”

Il Monte Soratte, citato nelle “Odi” di Orazio, è a 56 km. da Roma, nel comune di Sant’Oreste, ed  è visibile dalla maggior parte dei paesi della Bassa Sabina:

https://youtu.be/KVsDFlMkxAQ

Alto poco meno di settecento metri, spicca nel mezzo della valle del fiume Tevere e cela ancora tanti segreti, oltre ad una riserva naturale: https://youtu.be/Vcsexv3kiLw

I ritrovamenti di materiali risalenti all’Età del Bronzo fanno pensare che il Soratte fosse abitato fin dalla preistoria.

In epoca preromana probabilmente fu luogo di culto per gli Etruschi, i Falisci  e Sabini e tale vocazione si tramandò ai Romani e poi, agli inizi del Cristianesimo, molti eremiti si rifugiarono in cerca di silenzio e meditazione.

Sulla cima del Soratte si trova l’eremo di San Silvestro, costruito nel VI secolo. Secondo la leggenda, la chiesa fu fondata proprio da Silvestro I Papa che si sarebbe rifugiato sul Monte Soratte per sfuggire alla persecuzione messa in atto da Costantino I. All’interno della chiesa sono conservati affreschi del ‘300 e del ‘400.

La chiesa di Santa Maria delle Grazie ed il monastero furono costruiti nel 1835 su quella precedente del ‘500.

Inoltre, sono presenti altri quattro eremi: Sant’Antonio, Santa Lucia, San Sebastiano e Santa Romana, che purtroppo versano in condizioni di abbandono: https://youtu.be/2YSWxcI-9f4

Le gallerie realizzate all’interno del Monte Soratte negli anni ’30 furono, dopo la conclusione del conflitto mondiale, adibite a polveriera fino al 1962 e ritornarono in auge nel pieno della guerra fredda.

Oggi queste gallerie prendono il nome di Bunker Monte Soratte e possono essere visitate.

https://youtu.be/H0w7_OKJG6E

REGGIA DI CAPODIMONTE

La Reggia di Capodimonte, con annesso un parco, fu costruita a partire dal 1738 per volere di Carlo di Borbone come luogo dove accogliere la collezione Farnese.

É stata residenza reale per tre dinastie, ognuna delle quali ha lasciato un segno: i Borbone, i sovrani francesi Giuseppe Bonaparte e Gioacchino Murat e i Savoia dopo l’Unità d’Italia.

https://youtu.be/Upxi7TI6ABE

Il Real Bosco, con i suoi 134 ettari e più di 400 specie vegetali, costituisce un’area verde che si affaccia sulla città e sul golfo di Napoli.

Per il suo patrimonio storico, architettonico e botanico il Bosco di Capodimonte è stato nominato nel 2014 il parco più bello d’Italia.

https://youtu.be/oJ2bdgfeWpI

Tutto ha inizio con la collezione Farnese, già famosa nel Cinquecento, che Carlo di Borbone ereditò dalla madre e portò con sé a Napoli nel 1735 per  sistemarla nella reggia qualche anno dopo.

Tra il ‘700 e l’800 Capodimonte divenne tappa obbligata del Grand Tour d’Italia, durante il quale giovani intellettuali e aristocratici provenienti dai Paesi europei visitavano la reggia per goderne le bellezze artistiche e naturali.

https://youtu.be/8lr_DINNktA

Le origini dello sviluppo della porcellana in Europa risalgono agli oggetti conosciuti nel Duecento grazie a viaggiatori come Marco Polo, che importarono dalla Cina una sorta di proto-porcellana, cioè una ceramica a pasta dura verniciata di bianco o marrone.

Nella Firenze del ‘500 i laboratori di alchimia di Francesco I de’ Medici riuscirono ad ottenere un tipo di porcellana a pasta tenera, che veniva decorata a motivi blu cobalto.

Agli inizi del ‘700 lo studioso sassone Johann Friedrich Böttger scopre la composizione: una fusione di caolino e feldspato. Nel 1710 nasce la fabbrica tedesca di Meißen, nel 1720 la fabbrica di Porcellane Vezzi a Venezia e successivamente in Francia nascono le porcellane di Sèvres.

Nel 1743 a Napoli, il re Carlo e sua moglie Maria Amalia di Sassonia fondarono la Real Fabbrica di Capodimonte che ancora oggi mantiene viva quella tradizione: https://youtu.be/1x_FUOj5cQY

VIA APPIA ANTICA

Con i suoi 2300 anni di storia, la via Appia Antica mostra i segni di un passato illustre e affascinante, ben visibili tra le rovine che si affacciano ai bordi della strada.

La via Appia Antica aveva inizio a Porta Capena, nei pressi del Circo Massimo, e proseguiva verso sud con un tracciato lineare e agevole fino a raggiungere Brindisi, uno dei porti più importanti dell’antichità da cui partivano le rotte commerciali per la Grecia e l’Oriente.

Prima di iniziare il nostro percorso sull’Appia Antica, una breve presentazione: https://youtu.be/WMWTEUflxSE

Il nostro itinerario parte dalla chiesa del “Domine quo vadis” o Santa Maria in Palmis, che si trova al bivio tra l’Appia Antica e la via Ardeatina:

https://youtu.be/-pFzgEIrSQ0

Proseguiamo e ci fermiamo al nº 136 per visitare la Basilica di S. Sebastiano fuori le mura, costruita da Costantino nel IV secolo per onorare gli Apostoli Pietro e Paolo: https://youtu.be/tS616jWh4A4

Altri 300 metri e sulla sinistra si intravedono i resti di un grande complesso residenziale, la villa dell’Imperatore Massenzio. Al suo interno si trova il mausoleo conosciuto come Tomba di Romolo (dal nome del figlio dell’imperatore morto nel 309 d.C.), gli ambienti del palazzo imperiale e il Circo per le corse dei cavalli: https://youtu.be/8SuK_-TUQgg

Di Cecilia Metella si sa soltanto che era figlia di Quinto Cecilio Metello Cretico e moglie di un Crasso. Ci resta il suo mausoleo, costruito tra il 30 e il 10 a.C., che è diventato uno dei luoghi simbolo dell’Appia Antica per la sua imponenza ed eleganza: https://youtu.be/UbE3kE8EQNM

I viaggi in Italia dei figli dell’aristocrazia europea del XVII-XVIII secolo non potevano prescindere da una lunga tappa a Roma per visitare le rovine del passato e acquistare opere d’arte e d’antiquariato (v. newsletter nº 11 del 14.5.2020).

Le testimonianze di questo periodo, che provengono dagli appunti di viaggio degli studiosi di passaggio sull’Appia Antica, e le descrizioni delle rovine che costeggiavano la strada, sono state preziose per definire l’aspetto originario di questi monumenti.

Come abbiamo detto all’inizio, l’Appia Antica collegava Roma con Brindisi. Quindi vediamo quanto è stata importante per lo sviluppo delle piccole città del Lazio che si trovano nel suo percorso: https://youtu.be/GKpHcSHO4MI

FERRARA E GLI ESTENSI

I primi rappresentanti degli Este (o Estensi) risalgono ai discendenti dei duchi di Toscana legati a Carlo Magno (X secolo), mentre un altro ramo degli Estensi, gli Arciduchi d’Austria-Este, giunse fino al XIX secolo.

Il nome della casata è legato alla cittadina veneta di Este, compresa nei territori appartenenti alla famiglia a partire dall’XI secolo.

Alberto Azzo II d’Este (996-1097) può considerarsi il capostipite della famiglia e l’inizio del Marchesato di Este, importante centro politico e commerciale dell’epoca.

Uno dei figli di Azzo, Guelfo IV d’Este, fu adottato dallo zio materno Guelfo III di Carinzia e da quella casata derivarono direttamente le case tedesche di Hannover e Brunswick.

Il ramo italiano degli Este proseguì con l’altro figlio di Azzo II. Uno dei suoi successori, Azzo VII d’Este, nel 1242 trasferì la famiglia a Ferrara dove allargò la sua sfera di influenza.

Un po’ di storia della famiglia d’Este: https://youtu.be/s8uimG9ONvQ

Un nucleo fondamentale di strutture edificate dalla famiglia Este è costituito dalle “Delizie estensi”, quasi tutte nel territorio della provincia di Ferrara.

La delizia indica storicamente l’abitazione principesca, prevalentemente luogo di piacere e di svago. Si tratta di residenze extraurbane pronte ad accogliere una corte itinerante: https://youtu.be/ovIAMRSQXuE

Lo sviluppo urbanistico della città di Ferrara, avvenuto durante il Rinascimento, la trasformò in un modello urbano che le valse il titolo di “prima capitale moderna d’Europa”

Nel 1995 ottenne dall’UNESCO il riconoscimento di Patrimonio dell’Umanità per il centro storico e nel 1999 ne ottenne un secondo per il delta del Po e le sue “delizie estensi”.

Uno degli eventi caratteristici di Ferrara è il “Carnevale degli Este”:

https://youtu.be/KjwW5StmEyw

Altro evento da segnalare è l’”Incendio del Castello” per il Capodanno:

https://youtu.be/crgnU-E4xC0

Vi invito a visitare Ferrara guidati dal critico d’arte Philippe Daverio:

https://youtu.be/E4G_3NYLzNo

ANDIAMO IN PIAZZA? 4a. parte

Ancora  una volta ci diamo appuntamento in piazza … a Piazza San Marco a Venezia.

In realtà è l’unico spazio urbano della città lagunare che assume il nome di piazza, in quanto tutti gli altri spazi in forma di piazza sono definiti campi.

Piazza San Marco  ha forma trapezoidale ed è lunga 170 metri.

In origine, l’area era destinata ad  orto, attraversata dal rio Batario, ed il Palazzo Ducale era cinto da un canale e fronteggiato da un bacino per il carico e scarico delle merci.

La piazza come la conosciamo oggi è il risultato di successive modifiche.

https://youtu.be/siHziqQar4w

Nell’826 arriva a Venezia il corpo di San Marco, viene edificata la prima basilica e l’area (oggi la piazza) diventa il cuore pulsante della città.

Un secolo dopo, nel  976, un incendio distrugge sia la basilica che il palazzo, che verranno ricostruiti due anni dopo. Ma l’attuale basilica risale al periodo 1050-1094.

Mentre il  Palazzo Ducale era la sede del governo, delle magistrature della Repubblica e prigione, la Basilica era il centro delle cerimonie religiose di Stato in quanto il Doge era il capo della chiesa veneziana.

https://youtu.be/5kIge9GtBzw

Ci spostiamo a Roma. Ci ritroviamo in una monumentale ed elegante piazza in cui si incontrano Via del Babuino, Via di Ripetta e Via del Corso, le tre arterie principali del centro storico della città.

Siamo a Piazza del Popolo: Papa Pasquale II nel 1099 fece costruire in quella zona una cappella, a spese del popolo romano, su cui sarebbe sorta l’attuale chiesa di Santa Maria del Popolo, toponimo che poi passò alla piazza.

A metà del XIII secolo fu annesso alla chiesa un convento affidato ai frati dell’Ordine Agostiniano.

L’urbanizzazione dell’area inizia nella seconda metà del ‘500 e successivamente fu collocato l’obelisco Flaminio, trasferito a Roma ai tempi di Augusto per celebrare la conquista dell’Egitto.

La porta attraverso la quale si accede alla piazza è l’antica Porta Flaminia delle Mura Aureliane.

In questo video la storica dell’arte Anna Ottani Cavina, partendo da Piazza del Popolo, ci racconta la sua storia e la sua architettura e fa un’analisi  delle opere d’arte che si possono apprezzare nelle due chiese che si affacciano sulla piazza: https://youtu.be/nIiLGh8sZ8g

TRIESTE

Trieste ha una scontrosa / grazia. Se piace, / è come un ragazzaccio aspro e vorace, / con gli occhi azzurri e mani troppo grandi / per regalare un fiore; / come un amore / con gelosia.

Così descrive la sua città, Trieste, lo scrittore Umberto Saba.

Tergeste, il suo antico nome, è di origine preromana: terg in antico illirico significa “mercato”.

Capoluogo della regione Friuli-Venezia Giulia è il ponte tra l’Europa occidentale e quella centro-meridionale in cui si mescolano caratteri mediterranei, mitteleuropei e slavi.

Il territorio dell’attuale Trieste era già popolato nel Neolitico e dopo il X secolo a.C. vi si trovarono i primi nuclei di indoeuropei che tra il X e il IX secolo a.C. entrarono in contatto con gli antichi Veneti.

Successivamente la romana Tergeste divenne un accampamento nel quale risiedevano stabilmente truppe dell’esercito romano e diventò anche un importante porto militare.

Il suo sviluppo avvenne in piena età imperiale, ma con la caduta dell’Impero romano d’Occidente Trieste iniziò un periodo di forte decadimento e passò sotto il controllo dell’Impero bizantino fino al 788.

Nel XII secolo la città divenne un Libero Comune ed in seguito si alternarono nel suo controllo  la Repubblica di Venezia, la contea di Gorizia e il Patriarcato di Aquileia.

Durante il regno di Maria Teresa d’Austria, che salì al trono nel 1740, Trieste diventò uno dei principali porti europei e il più importante dell’impero austriaco.

La città fu occupata ben tre volte dalle truppe di Napoleone e quando ritornò in mano agli Asburgo, nel 1813, continuò a svilupparsi, anche grazie all’apertura della ferrovia con Vienna nel 1857.

Negli ultimi decenni dell’Ottocento, Trieste divenne la quarta realtà urbana dell’Impero austro-ungarico, dopo Vienna, Budapest e Praga.

https://youtu.be/N9QbDlFc6W8

Il principale edificio religioso cattolico di Trieste è la Basilica Cattedrale di San Giusto. Il cui aspetto attuale deriva dall’unificazione delle due preesistenti chiese di Santa Maria e di quella dedicata al martire San Giusto, che vennero inglobate tra gli anni 1302 e 1320.

L’austera facciata della chiesa è arricchita da un enorme rosone di pietra carsica e, sia il campanile che la facciata, sono coperti con reperti del periodo romano.

Al suo interno, le due absidi laterali sono decorate con magnifici mosaici.

L’abside di Santa Maria ha una splendida raffigurazione della Thetókos, seduta su un trono, su fondo d’oro, con il Bambino i braccio, affiancata da due arcangeli, risalente alla prima metà del XII secolo.

https://youtu.be/5R66GiD0vOY

Trieste è città di letteratura perché ha dato i natali, tra gli altri, ad Umberto Saba ed Italo Svevo e ospitato James Joyce e Franz Kafka, ma anche di caffè in quanto è il principale porto del Mediterraneo per i traffici di caffè.

Letteratura e caffè si sono uniti in molti caffè letterari che sorsero a partire della seconda metà del XVII secolo su ispirazione di quelli veneziani, ma con una forte influenza austriaca sia negli arredi che nei prodotti offerti.

Prima di salutarci, è d’obbligo una breve visita al Museo del Castello di Miramare: https://youtu.be/KOox0fIBpb8

ANDIAMO IN PIAZZA? terza parte

Torniamo in piazza e la nostra passeggiata inizia a Verona: ci troviamo a Piazza Erbe (o Piazza delle Erbe), la più antica della città, che sorge sopra l’area del Foro romano. Infatti, nell’età romana era il centro della vita politica ed economica.

Con il passare del tempo gli edifici romani hanno lasciato il posto a quelli medievali. Sulla piazza si affacciano, tra gli altri,  il Palazzo del Comune, il barocco Palazzo Maffei con le statue degli dei Giove, Ercole, Minerva, Venere, Mercurio e Apollo, e la Casa dei Mercanti.

https://youtu.be/wwnpRKHo8ZE

Dalla piazza più antica di Verona andiamo a visitare quella più grande della città, Piazza Bra: uno slargo che diventò piazza solamente nella prima metà del Cinquecento.

In epoca romana quest’area era al di fuori delle mura cittadine: solo a partire dal I secolo d.C., quando venne costruito l’anfiteatro romano (oggi conosciuto come l’Arena di Verona), cominciò a definirsi la piazza e nel 1770 si gettarono le basi del Liston per volontà del podestà Alvise Mocenigo. In seguito divenne il luogo preferito per le passeggiate pomeridiane.

https://youtu.be/JDnIV2jXp8A

Lasciamo Verona e ci spostiamo a Torino, a Piazza San Carlo.

Prima del XVII secolo questa zona si trovava all’esterno della prima cinta muraria, quella di origine romana.

Con il consolidamento dello Stato sabaudo e lo spostamento della capitale a Torino (1563) iniziò un progetto di ammodernamento della città e fu deciso di espanderla verso sud, realizzando il cosiddetto “Borgo Nuovo”.

I lavori per la piazza, iniziati nel 1618, terminarono nel 1638 e fu inaugurata da Madama Cristina di Francia, vedova di Vittorio Amedeo I, con il nome di “Piazza Reale”.

Dopo il 1650 la piazza divenne passaggio degli eserciti da Piazza Castello verso il mastio della Cittadella e fu chiamata “Piazza d’Armi”.

L’aspetto attuale della piazza risale al XVIII secolo quando prese il nome di  “San Carlo” come una delle chiese gemelle dedicata a San Carlo Borromeo.

https://youtu.be/CGDrb8jbVIQ

Ci attende Piazza della Signoria a Firenze, che cominciò ad assumere la forma attuale intorno al 1268.

Con la costruzione del Palazzo della Signoria la piazza divenne il centro della vita politica cittadina, mentre il centro religioso si trovava a Piazza del Duomo e la piazza per i commerci era il Mercato Vecchio (oggi Piazza della Repubblica).

Nel XIV secolo venne aggiunta la Loggia della Signoria e il Tribunale della Mercanzia. Successivamente l’arredo scultoreo trasformò la Loggia della Signoria in una specie di museo all’aperto.

https://youtu.be/8SrW6NITLcE

Luciano Artusi, studioso e divulgatore della storia fiorentina e toscana, ci racconta alcune curiosità riguardanti Piazza della Signoria:

https://youtu.be/51mUdpG9uiM

Il nostro giro per piazze finisce a Roma nella monumentale Piazza del Campidoglio.

Fin dal medioevo quest’area fu la sede dell’amministrazione civile della città, il Tabularium.

Nel XVI secolo  Papa Paolo III commissionò a Michelangelo Buonarroti il totale rifacimento dell’area in occasione della visita a Roma dell’Imperatore Carlo V ed il risultato fu la piazza come la possiamo ammirare oggi.

https://youtu.be/IjRtD9LNEa0

 

CASTELLO DEL VALENTINO

Siamo a Torino, anno 1564, il duca Emanuele Filiberto di Savoia acquista la villa a Renato Birago, nobile della corte sabauda.

Anno 1565 il duca di Savoia vende la villa al tesoriere ducale Giovanni De Brosses per finanziare la costruzione della Cittadella.

Anno 1570 il duca Emanuele Filiberto di Savoia la riacquista nuovamente su consiglio dell’architetto Andrea Palladio e subisce un primo ampliamento che sarà completato nel 1578.

Stiamo parlando del Castello del Valentino, che deve il suo nome ai caratteri geomorfologici della regione denominata Vallantinum, perché si tratta di un territorio segnato dalla presenza di una valle solcata da un corso d’acqua.

Il Castello del Valentino – come vedremo – subirà non solo alcuni rimaneggiamenti ma anche parecchi cambi di proprietario.

Alla morte del duca nel 1580, il castello fu ereditato da Carlo Emanuele I, che tre anni dopo lo cedette a Filipppo I d’Este, il quale lo cederà nuovamente a Casa Savoia nel 1586.

Nel 1619 Cristina Maria di Borbone-Francia sposa Vittorio Amedeo I di Savoia e nel 1620 diede l’avvio ai lavori di rimaneggiamento del Castello che diresse l’architetto di corte Carlo di Castellamonte e suo figlio.

Il secondo rimaneggiamento fu nel 1645 in cui si costruirono due padiglioni collegati da portici terrazzati.

Il terzo, che si concentrò sulla facciata, finì nel 1660.

https://youtu.be/MgV-fMaHxDo

All’inizio dell’Ottocento, non essendo più residenza di corte, il palazzo ospitò la Scuola di Veterinaria e poi è stato adibito a caserma militare fino alla cessione dalla Corona al Demanio dello Stato nel 1850.

L’area sulla sponda sinistra del Po è adibita a parco pubblico.

Dalla fine degli anni quaranta del Novecento l’edificio, di proprietà del Politecnico di Torino, ospita il Dipartimento di Architettura ed i rispettivi corsi di laurea triennale e magistrale.

Dal 1997 è inserito nella lista del Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO.

MONASTERO DI SANTA CHIARA

A Napoli le chiese sono circa un migliaio e costituiscono un patrimonio ricco di storia artistica, architettonica, civile e spirituale.

Le prime chiese cristiane nella città partenopea risalgono a poco dopo l’editto di tolleranza costantiniano del 313.

La Basilica di Santa Chiara o Monastero di Santa Chiara è un grande e importante complesso monastico di Napoli.

E’ una basilica gotico-angioina con un monastero che comprende quattro chiostri monumentali, gli scavi archelogici e diverse altre sale nelle quali è ospitato il Museo dell’Opera, con il coro delle monache,  resti di affreschi di Giotto, un grande refettorio, la sacrestia ed altri ambienti.

La basilica è stata costruita per volere di Roberto d’Angiò e di sua moglie Sancha di Maiorca: i lavori iniziarono nel 1310 e finirono nel 1328, ma la consacrazione a Santa Chiara avverrà solo nel 1340.

Tra il 1742 e il 1796 fu ristrutturata in gran parte in forme barocche.

Nel 1943 un bombardamento degli alleati provocò un incendio che distrusse alcuni interni della chiesa e causò la perdita di tutti gli affreschi del XVIII secolo e gran parte di quelli di Giotto.

Nel 1944 incominciarono i lavori di ricostruzione della basilica che si conclusero nel 1953. Le sculture sopravvissute furono spostate nelle sale dell’odierno Museo dell’Opera:  https://youtu.be/MQ4EJ8Q-yK0

Nel 1945 Giacomo Rondinella presentò al pubblico la canzone Munasterio ‘e Santa Chiara, scritta dal paroliere Michele Galdieri e dal musicista Alberto Barberis, e sempre nel ’45 Luciano Tajoli la presentò alla Festa di Piedigrotta.

La canzone riscosse subito un notevole successo, al punto da essere incisa negli anni successivi da interpreti molto noti come Roberto Murolo, Claudio Villa, Peppino di Capri, Mina e molti altri.

Nei suoi versi un emigrante dà voce al suo desiderio di tornare a Napoli contrastato dal timore di trovare una città distrutta dalla guerra. Il testo riporta il sentire di un’Italia alla fine della seconda guerra mondiale.

Ascoltiamola nella voce di Fausto Cigliano: https://youtu.be/RywAspSWcr0

 

 

ANDIAMO IN PIAZZA? (seconda parte)

Riprendiamo il nostro giro visitando alcune delle piazze più importanti d’Italia e incominciamo da Piazza Maggiore a Bologna.

L’area che adesso conosciamo come Piazza Maggiore venne costruita a partire dal 1200 quando i bolognesi sentirono l’esigenza di avere spazio da adibire a mercato e solo nel ‘400 la piazza assunse la forma attuale.

Nel 1860 Piazza Maggiore fu intitolata a Vittorio Emanuele II. Nel 1943 quando il monumento equestre del re venne trasferito ai Giardini Margherita. Dal 1943 al 1945 cambiò nome in Piazza della Repubblica e prese il nome attuale da giugno 1945: https://youtu.be/Z9hRHsEvcMU

Spostiamoci a Pisa e soffermiamoci a fare un’accurata visita a Piazza dei Miracoli.

L’intera area era un declivio verso l’area portuale. Sono state ritrovate le fondamenta e parti di mosaico pavimentale di due domus nell’area tra la Cattedra e il Campo Santo.

La piazza, come la conosciamo oggi, inizia ad avere forma nel 1063 quando viene fondato il nuovo duomo della città intitolato a Santa Maria Maggiore.

La piazza cambia profondamente durante il dominio mediceo: la Porta del Leone viene chiusa definitivamente e l’area davanti a tale accesso viene concessa alla comunità ebraica per il loro cimitero; viene aperta una nuova porta, chiamata Porta Nuova, lungo la strada davanti all’ospedale.

In realtà si chiama “Piazza del Duomo”, è inserita tra i Patrimoni dell’Umanità dall’UNESCO dal 1987, e comprende la Cattedrale, il Battistero, il Campo Santo e il Campanile, monumenti che formano il centro della vita religiosa cittadina, detti miracoli da Gabriele D’Annunzio nel 1910.

https://youtu.be/I0XXewteCQY

Adesso andiamo verso il sud e ci fermiano a Piazza del Plebiscito a Napoli (già Largo di Palazzo o Foro Regio).

Ci troviamo nel centro storico della città, tra il lungomare e via Toledo, in una superficie di circa 25.000 metri quadri.

Intorno al 1543 esisteva uno slargo dove oggi c’è Piazza del Plebiscito con il palazzo Vicereale voluto da Pedro Álvarez de Toledo y Zúñiga.

Con l’edificazione dell’attuale Palazzo Reale di Napoli, ebbe inizio la storia             di Piazza del Plebiscito e divenne rapidamente il centro vitale della città.

All’inizio dell’Ottocento, durante il periodo napoleonico, la piazza cambiò totalmente: il nuovo re Gioacchino Murat voleva sostituire uno slargo irregolare con una piazza geometricamente ben definita.

I lavori per la costruzione del Foro Gioacchino comportarono l’erezione di due palazzi gemelli (il Palazzo dei Ministri di Stato e il Palazzo per il Ministero degli Esteri) e proseguirono fino al 1815.

Con il ristabilimento sul trono di Napoli di re Ferdinando IV i lavori vennero bruscamente interrotti.

Re Ferdinando decise di edificare sulla stessa area un Foro Ferdinandeo con la realizzazione di una chiesa cristiana consacrata a Francesco di Paola.

La piazza Ferdinandea o di San Francesco di Paola venne inaugurata nel 1846.

In seguito al plebiscito del 21 ottobre 1860 che decretò l’annessione del Regno delle due Sicilie al Regno d’Italia, fu scelto l’attuale nome della piazza.

https://youtu.be/6nqSB5NSqcA

Proseguiamo il nostro percorso ancora verso il sud e a Siracusa ci attende Piazza del Duomo.

Il sito dove sorge il Duomo o Cattedrale di Siracusa inizia già in tempi pre-greci, quando i “siculi” vi si insediarono. In seguito sorse nei suoi pressi un tempio ionico con somiglianze e analogie allo stile architettonico orientale.

Quando arrivò Gelone, il primo tiranno di Siracusa, eresse un tempio dorico imponente, dedicato ad Atena: https://youtu.be/4GrlTl7QhAU

La Cattedrale della Natività di Maria Santissima incorpora il tempio dorico dedicato ad Atena e fu convertito in chiesa con l’avvento del cristianesimo.

E’ considerata la chiesa più importante di Siracusa e dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO.

All’esterno il suo stile è principalmente barocco e rococò, mentre al suo interno alcune parti sono risalenti al tempio greco ed altre all’epoca medievale, costruite dai normanni: https://youtu.be/Lf5507LvCSo

ANDIAMO IN PIAZZA? (prima parte)

Nei piccoli villaggi le persone si incontrano e discutono in piazza, e quando è giorno di mercato vi comprano il cibo.

Nelle città, invece, la piazza è l’equivalente del soggiorno di un grande palazzo, il luogo in cui mostri il meglio della tua casa.

Alcune delle piazze più famose d’Italia nascondono dei segreti che ci potrebbero sorprendere oppure non hanno sempre avuto l’aspetto che conosciamo.

Incominciamo il nostro giro da Roma e andiamo a Piazza Navona.

Se la si guardasse dall’alto, si noterebbe immediatamente la sua forma ellittica, che è un omaggio a quello che era una volta, uno stadio romano.

Infatti, Piazza Navona era, ai tempi dei nostri  antenati, conosciuta come  Stadio Domitiani, Stadio Domiziano, costruito nell’85 d.C. per ospitare i giochi atletici, noti in greco antico come “agones”. Per questo, inizialmente, lo stadio era conosciuto come in Agone.

Anticamente la piazza era concava, si bloccavano le chiusure delle tre fontane e l’acqua usciva in modo da allagare la piazza.

Il suo nome poi fu trasformato “in Nagoni” e con il tempo in “Navona”

Testimonianze del suo passato si trovano nel nome di una delle chiese della piazza, Santa Agnese in Agone. I resti dello Stadio Domiziano sono ancora lì, sotto la piazza, e sono ben conservati: https://youtu.be/1sx6FC60K-I

Spostiamoci in Toscana e, precisamente a Lucca, per andare a Piazza dell’Anfiteatro.

Il suo nome ci parla delle sue origini. Infatti, la piazza è stata edificata sui resti  di un anfiteatro romano risalente al secolo II d.C. e ciò ne determinò la sua forma elittica chiusa.

La piazza nacque in epoca medievale ed era chiamata parlascio, che deriva dal latino “paralisium”, cioè “anfiteatro”.

Col tempo fu riempita di costruzioni utilizzate come deposito di sale, polveriera e carcere. Solo nell’Ottocento lo spazio fu liberato dalle piccole costruzioni e fu utilizzato per il mercato cittadino fino a che la sede fu spostata nel Mercato del Carmine.

Oggi il piano della piazza è rialzato di circa 3 metri rispetto all’arena romana e l’accesso alla piazza è possibile tramite 4 porte a volta.

https://youtu.be/sKEo6CAk5dw

Restiamo in Toscana, facciamo 143 km e arriviamo a Piazza del Campo a Siena.

Unica per la sua originale forma a conchiglia, è famosa in tutto il mondo per la sua bellezza e perché due volte l’anno vi si svolge il Palio di Siena.

Lo spazio che sarebbe diventato la piazza attuale era anticamente un terreno bonificato per consentire il deflusso delle acque piovane.

Il primo documento che parla del “Campo” è del 1169 e si riferisce alla vallata comprendente sia l’attuale piazza che quella del Mercato.

La forma della piazza è emiciclica rassomigliante una valva di conchiglia e il fulcro della piazza è il Palazzo Pubblico: https://youtu.be/6TJ6TgJzyjc

Prato della Valle si trova a Padova.

E’  una grande piazza ellittica che, oltre ad essere la maggiore piazza padovana, è una delle più grandi d’Europa (88.620 mq), seconda solo alla Piazza Rossa di Mosca.

La piazza è in realtà un grande spazio monumentale caratterizzato da un’isola verde centrale, chiamata Isola Memmia, in onore del podestà che commissionò i lavori, circondata da un canale ornato da un doppio basamento di statue numerate di celebri personaggi del passato.

Quattro viali attraversano il Prato su piccoli ponti, per poi incontrarsi al centro dell’isolotto.

In epoca romana fu sede di un vasto teatro, lo Zairo, delle cui fondamenta sono state rinvenute le tracce nel canale che circonda l’Isola Memmia, e di un circo per le corse dei cavalli.

Nell’epoca delle persecuzioni contro i primi cristiani, il circo fu utilizzato per i combattimenti. Qui furono martirizzati due dei quattro patroni della città, Santa Giustina e San Daniele.

Nel Medioevo fu invece sede di fiere, giostre, feste pubbliche e gare,

La sua struttura e organizzazione, così come la conosciamo oggi, risalgono al XVIII secolo: https://youtu.be/fb-lovsPpMM

Il nostro giro finisce a Lecce, a Piazza Duomo.

Una piazza chiusa  dove l’accesso è garantito da un solo vicolo stretto.

E’ un grande cortile in cui si affacciano la Cattedrale metropolitana di Santa Maria Assunta, il Campanile, l’Episcopio e il Palazzo del Seminario.

In passato Piazza Duomo era il cuore di una cittadella militare e tutti gli edifici che si affacciano sulla piazza seguono le antiche linee delle mura della cittadella: https://youtu.be/AKdggDCc5Ek

 

CASTELLO DI CASERTAVECCHIA

Il primo monumento che s’incontra quando si va a Casertavecchia è l’imponente torre cilindrica del castello, il mastio, che è una delle più grandi d’Europa.

Oltrepassata la torre si arriva nel cortile del castello  e subito ci si trova circondati da una scenografia di antichi ruderi medievali.

Dagli scritti di un monaco benedettino sappiamo che già nell’anno 861 esisteva un primo insediamento urbano. Lo stesso storico fornisce una descrizione del Castello che nell’879 accolse il primo conte Pandolfo.

Quel primo castello era luogo di ricovero per abitanti e animali e negli anni subì numerose trasformazioni.

Alla fine del IX secolo, con il dominio normanno, la città accrebbe la sua importanza politica, demografica e religiosa, grazie anche alla presenza della sede vescovile.

Ciò rese indispensabile un rafforzamento delle strutture del precedente recinto fortificato e venne costruito un mastio e 6 torri.

https://youtu.be/FDq2A_ZZeV0

 

Nel 1442 il Borgo passa sotto la dominazione aragonese, e qui inizia la sua parabola discendente poiché la vita incomincia a svilupparsi in pianura.

Restano a Casertavecchia solo il vescovo e il seminario fino al 1842 quando Papa Gregorio XVI sancì il definitivo trasferimento alla nuova Caserta.

In seguito, con il dominio dei Borboni nell’Italia meridionale e la costruzione della reggia, il nuovo centro di ogni attività diventa Caserta.

A ricordo dello splendido passato restano il Duomo, il campanile, i resti del castello e le strade dell’intero Borgo in stile siculo-normanno.

https://youtu.be/RZMeVAClr9A

BIBLIOTECHE STORICHE 

“Senza biblioteche cosa abbiamo? Non abbiamo né passato né futuro” … Ray Bradbury dixit.

Anche se adesso, in tempi di pandemia, le biblioteche non possono essere vissute come una volta, andiamo a visitare virtualmente  alcune biblioteche storiche d’Italia partendo dalla Biblioteca Ambrosiana di Milano che è stata fondata nel 1607 dal Cardinale Federico Borromeo. E’ un’istituzione ecclesiastica comprendente una biblioteca pubblica, una pinacoteca e un’accademia di studi, situata all’interno del Palazzo dell’Ambrosiana:

https://youtu.be/7C7E4Y1S1x4

Spostandoci a Mantova entriamo nella Biblioteca Teresiana, fondata dall’Imperatrice Maria Teresa d’Austria nel 1780 nell’ex collegio dei gesuiti.

In origine, l’Imperial Regia Biblioteca fu Museo Antiquario e Biblioteca dell’Accademia di scienze e belle lettere.

Gli ambienti iniziali adibiti a Biblioteca corrispondono ora alle sale denominate prima e seconda teresiana, unite tra loro da un ampio vestibolo.

Durante il periodo francese (1797-1799 e 1801-1814) le nuove soppressioni monastiche comportarono l’arrivo da tutta la provincia dei patrimoni bibliografici dei conventi.

Con l’annessione di Mantova al Regno d’Italia nel 1866, la Biblioteca divenne statale: https://youtu.be/Sk75VM2ppoE

Nel 1362 Francesco Petrarca avanzò una proposta per istituire una “pubblica libreria” a Venezia, ma non riuscì a realizzare il progetto.

Nel 1468 il Cardinale Bessarione fece donazione della sua preziosa raccolta libraria alla Repubblica di Venezia, la quale fu ospitata nel Palazzo Ducale. Ciò diede un reale impulso all’idea della costruzione di una biblioteca dello Stato, conosciuta come Biblioteca Marciana (o Biblioteca di San Marco).

La realizzazione dell’edificio fu affidata dal doge Andrea Gritti a Jacopo Sansovino che iniziò i lavori nel 1537. Dopo la sua morte, Vincenzo Scamozzi completò l’opera nel 1588:  https://youtu.be/rrhf_N9Z2YM

Gli originali di lettere di Galileo, Machiavelli, Martin Lutero e Giuseppe Verdi sono custoditi nella Biblioteca Palatina.

Fondata nel 1761  per volere di don Filippo di Borbone, duca di Parma, Piacenza e Guastalla, è situata all’interno del Palazzo della Pilotta.

La Biblioteca Palatina che subì varie denominazioni dalla sua creazione: Reale Biblioteca Parmense, Biblioteca Nazionale, Bibliothèque Imperiale, Bibliothèque de la Ville de Parme, Biblioteca Ducale), venne inaugurata nel 1769 alla presenza di Giuseppe II, Imperatore d’Austria.

https://youtu.be/MZGczQeSj80

La Biblioteca Malatestiana di Cesena fu fondata a metà del XV secolo grazie agli sforzi del signore della città, Domenico Malatesta, e dei frati francescani del convento locale che ospitarono nei propri edifici la raccolta di libri.

Questa biblioteca monastica è stata impostata come istituzione civica, affidata alle cure degli organismi comunali.

Sopravvissuta alla Seconda Guerra Mondiale, nel 2005 l’UNESCO la inserì nel Registro della Memoria del Mondo: https://youtu.be/3VwoZIQ1bVQ

Da Cesena andiamo a Firenze a visitare la Biblioteca Riccardiana, situata nel Palazzo Medici Riccardi.

E’ una biblioteca pubblica statale, fondata verso il 1660 da Riccardo Riccardi, ma aperta al pubblico solo nel 1715. Attigua a questa biblioteca ci è un’altra, la Biblioteca Moreniana: https://youtu.be/YzR4-THF9RY

Il Cardinale Girolamo Casanate (1620-1700) dispose il lascito della sua raccolta libraria ai domenicani del convento di S. Maria sopra Minerva di Roma: oltre 20.000 volumi e cospicue rendite per l’istituzione e il futuro incremento  della biblioteca.

L’edificio che ospita la Biblioteca Casanatense fu appositamente costruito secondo la volontà dello stesso cardinale ed aprì nel 1701.

https://youtu.be/HaANorPflfY

Qualche anno prima, nel 1688, nacque la Biblioteca Civica di Fermo per volontà del Cardinale Decio Azzolino il Giovane.

La donazione libraria più rilevante fu quella intitolata a Romolo Spezioli (1642-1723), amico del cardinale Azzolino presso la corte della regina Cristina di Svezia, della quale divenne medico personale di corte.

https://youtu.be/_G-jvXgYqyI

La Biblioteca dei Girolamini è la biblioteca più antica di Napoli.

Aperta al pubblico nel 1586, è specializzata in filosofia, teologia cristiana, chiesa cristiana in Europa, storia della Chiesa, musica sacra e storia d’Europa e fa parte del complesso della chiesa dei Girolamini.

https://youtu.be/-mFqsSu9m1w

Le Biblioteche riunite Civica e A. Ursino Recupero sono il risultato della fusione della Biblioteca Civica di Catania con la Biblioteca del barone Antonio Ursino Recupero.

L’origine risale al 1868 quando il Demanio dello Stato incamerò l’antica Libreria del monastero di San Nicolò l’Arena e le Librerie delle altre congregazioni religiose catanesi soppresse. Nel 1925, alla morte del barone Antonino Ursino Recupero, il Comune ereditò la sua biblioteca di circa 41.000 volumi.

Le Biblioteche Riunite Civica e A. Ursino Recupero vennero costituite in ente morale nel 1929 e occupano gli originari locali della libreria benedettina, del museo e del refettorio piccolo della zona nord del monastero.

https://youtu.be/jhNpKysCK5M

Vogliamo concludere con la notizia di qualche giorno fa che coinvolge la biblioteca storica del Collegio Ghislieri di Pavia (collegio universitario fondato nel 1567 da Papa Pio V Ghislieri).

Nella sua biblioteca, che oggi custodisce circa 130.000 volumi, sono state ritrovate alcune pergamene con i canti II, III, X e XI del Paradiso della “Divina Commedia”.

Secondo il rettore vicario si tratta di uno dei frammenti più antichi della Divina Commedia mai rinvenuti: alcuni dettagli come il tipo di pergamena e le lettere miniate in rosso dicono che questi frammenti erano appartenuti a un Codice di particolare valore che poteva trovarsi soltanto in case principesche, corporazioni religiose o famiglie potenti.

Ascoltiamo in questo servizio la storia avventurosa di queste pergamene:

https://www.ghislieri.it/wp-content/uploads/2021/03/3f17571d-73f0-4efc-a2ee-b24934d8ff67.mp4

IL TEATRO SAN CARLO DI NAPOLI 

Non c’è nulla in tutta Europa, che non dico si avvicini a questo teatro, ma ne dia la pallida idea. Gli occhi sono abbagliati, l’anima rapita …”

Parole di Stendhal dopo aver assistito all’inaugurazione del Teatro San Carlo di Napoli il 12 gennaio del 1817, ricostruito in seguito all’incendio che lo distrusse totalmente.

Andiamo a ritroso. Il Regio Teatro di San Carlo fu costruito nel 1737 per volontà del Re Carlo di Borbone che voleva dare alla città un teatro all’altezza del suo potere, affidando l’incarico a Giovanni Antonio Medrano, architetto militare, e all’impresario teatrale Angelo Carasale.

La data di nascita del teatro anticipa di 41 anni il teatro Alla Scala di Milano e di 55 La Fenice di Venezia.

Per l’inaugurazione, avvenuta la sera del 4 novembre, si presentò l’Achille in Sciro di Pietro Metastasio con musica di Domenico Sarro.

Durante i primi anni i compositori che esibivano sul palcoscenico le loro opere erano prettamente quelli di scuola napoletana, provenienti dai conservatori della città. Nel frattempo, il prestigio del San Carlo crebbe al punto da attirare diverse illustri personalità di fama internazionale.

Il 1799 rappresenta per Napoli una breve parentesi di pochi mesi di fervore giacobino durante i quali uomini e donne si fanno promotori di ideali di libertà, fraternità e uguaglianza. Poco tempo dopo questo fervore verrà soffocato e i Borbone torneranno sul trono.

Nei primi anni dell’Ottocento si intrapresero importanti lavori di ristrutturazione degli ambienti interni creando zone di ristoro e ricreazione e fu rifatta la facciata in pieno stile neoclassico. Sono durati due anni e diedero all’edificio l’aspetto attuale.

La notte tra il 12 e 13 febbraio 1816 un incendio distrusse il teatro ed i lavori di ricostruzione ripristinarono lo stato precedente del teatro, anche se fu riadattata la sala interna in modo che raggiungesse i 2500 posti a sedere.

https://youtu.be/Zm4IN4m9x0o

Dal 1815 al 1822 Gioacchino Rossini fu il direttore musicale del teatro e dal 1822 al 1838 l’incarico fu affidato a Gaetano Donizetti.

Durante la seconda parte del regno di Ferdinando II la censura si faceva sempre più stretta nella vita artistica del teatro.

Dopo il cambio di titolo dell’opera del Bellini Bianca e Fernando in Bianca e Gernando vi furono altre censure che inquinarono il rapporto con Giuseppe Verdi. Inizialmente fu proibita la messa in scena di due sue opere: Il trovatore nel 1853 e Un ballo in maschera (con il nome di Una vendetta in domino) nel 1859. Ciònonostante furono presentate parecchie opere di Verdi al San Carlo.

Nella prima metà del XX secolo l’attività del teatro fu fortemente segnata dalle due guerre. Dopo la Seconda Guerra Mondiale il  San Carlo fu il primo teatro in Italia a riaprire ed è il primo a recarsi all’estero.

Dal 1º ottobre 2011, adiacente al teatro vi è il MEMUS (acronimo di “memoria” e “museo”): l’esposizione di quadri, fotografie, strumenti musicali, costumi e documenti d’epoca ripercorrono la storia del San Carlo e dell’opera italiana, coadiuvati anche da un archivio musicale audio e di immagini video.

Durante la stagione 2019/2020 è stata allestita nelle Sale dell’Appartamento Reale del Museo di Capodimonte la mostra “Napoli Napoli lava, porcellana e musica” in collaborazione con il Teatro San Carlo, di cui fanno parte le porcellane delle Reali Fabbriche di Capodimonte ed i costumi del San Carlo:

https://youtu.be/1mVUjiqt20s

 

I PIÙ ANTICHI CAFFÈ STORICI 

Nell’antica Roma vi erano i “thermopolii”, veri e propri bar con bancone di pietra verso la strada, dove venivano servite le bevande.

Attorno al 1554 nacque a Costantinopoli la “caffetteria”, e con la diffusione del caffè ne vennero aperte anche in Occidente.

Quando in epoca post napoleonica ci fu una maggiore fluidità fra le classi sociali, un’umanità varia iniziò a frequentare le botteghe del caffé, che diventarono così spazio privilegiato per la circolazione delle idee politiche, letterarie e artistiche più diverse.

Se  vogliamo fare un viaggio attraverso i più antichi locali storici, dobbiamo per forza partire da Venezia, città mercantile che per prima diffuse il culto del caffè nella penisola.

Caffè Florian (Venezia)

Aperto nel 1720, inizialmente con due semplici e modeste sale, il Florian e gli arredi così come noi oggi li conosciamo risalgono nelle loro componenti essenziali al 1858, quando la struttura preesistente del Caffè venne totalmente modificata e decorata.

Attualmente nel Florian ci sono sei sale:

La Sala del Senato è considerata dai veneziani la sala più importante per il suo valore storico-artistico in quanto è stata scenografia e palcoscenico della nascita della Biennale di Venezia nel 1893: l’allora Sindaco della città lagunare Riccardo Selvatico, assieme ad un gruppo di amici intellettuali e artisti, concepì l’idea di organizzare una prestigiosa Rassegna Internazionale d’Arte Contemporanea come omaggio a Re Umberto e alla Regina Margherita.

Le pareti della Sala Cinese presentano un labirinto di figure ispirate ad un Oriente reale ma al tempo stesso immaginato e immaginario, che si intreccia alle decorazioni in foglia d’oro, ai fregi e ai divanetti in velluto rosso.

La Sala Orientale venne decorata con dipinti del pittore veneto Giacomo Casa, che faceva sognare i suoi contemporanei con immagini esotiche di donne amabilmente svestite ma sottilmente velate.

Marco Polo, Tiziano, Carlo Goldoni, Paolo Sarpi, Palladio, Francesco Morosini, Benedetto Marcello, Pietro Orseolo, Enrico Dandolo e Vettor Pisani sono i dieci uomini illustri che hanno contribuito a rendere Venezia storicamente importante e famosa nel mondo. Alternati a imponenti specchi e pannelli decorati,  ci osservano dai loro ritratti nella Sala degli Uomini Illustri.

Chi entra nella Sala delle Stagioni viene accolto da figure di donne, cinte da lunghe vesti, che simboleggiano le stagioni. La primavera porta in grembo un mazzo di fiori, l’estate si accende con le dorate spighe di grano, l’autunno si contorna di grappoli d’uva, mentre l’inverno volta malinconicamente le spalle ai suoi spettatori.

L’Art Nouveau colora di turchese la Sala Liberty (così viene chiamata l’Art Nouveau in Italia). Fu creata nel 1920 in occasione del bicentenario del Caffè. Successivamente fu adibita a ripostiglio, per poi essere restaurata e riportata all’antico splendore nel  1986 con il suo soffitto a volta, specchi dipinti a mano e appliques in vetro di Murano.

https://youtu.be/pmALFuq0ocA

Caffè Gilli (Firenze)

Era il 1733, nella Firenze dei Medici, quando la famiglia svizzera Gilli apre “La Bottega dei Pani Dolci” a pochi passi dal Duomo, in Via degli Speziali.

Nel 1843, oltre a questo negozio, Gilli compra una porzione di bottega nella Via Calzaiuoli, il che gli  consente di produrre e vendere la propria pasticceria sulla via che era diventata la più importante della vita mondana della città.

Nel 1917 Gilli approda nella sua ultima ed attuale posizione in Piazza della Repubblica, diventando il luogo di ritrovo sociale e culturale prediletto.

Attualmente il locale mantiene intatto quello stile che lo ha sempre contraddistinto ed è l’unica caffetteria Belle Époque rimasta a Firenze, con le pareti color avorio, i lampadari di Murano, il soffitto affrescato, gli archi, il banco bar maestoso e angolare: https://youtu.be/2t1GGE5gK_8

Antico Caffè Greco (Roma)

Dal 1760 in Via dei Condotti, deve il suo nome al fatto che il fondatore fosse di origini greche.

Nelle sue nove sale si può ammirare l’imponente collezione composta da oltre trecento tra opere d’arte e cimeli storici che compongono la “galleria di proprietà dell’Antico Caffè Greco” e che lo rende un vero e proprio museo, sempre aperto al pubblico.

La prima sala, appena si entra, è chiamata Sala Venezia dai grandi quadri rappresentanti le vedute della città lagunare che ornano le pareti ed è qui dove si trova il banco bar.

La Sala Roma è la seconda sala, interamente arredata nel 1897 dalle tele del paesaggista Vincenzo Giovannini che ritraggono le vedute dei più celebri monumenti della Roma classica, dall’Arco di Tito al cuore del Foro.

Quella successiva è la Sala delle Vedute Romane: qui prevalgono le immagini della campagna romana con scene di pastori, agricoltori e viandanti.

La Sala Omnibus è la più importante, non solo per le opere esposte, ma perché era la sala preferita dai vari gruppi di intellettuali che si davano appuntamento al Caffè Greco.

Segue la Sala Galli che prende il nome dall’omonimo pittore milanese Luigi Galli, del quale è esposto un autoritratto, e anche la Sala Szoldaticz prende il nome dal pittore Giorgio Szoldaticz e ospita un suo autoritratto.

In una zona di mezzo fra i locali tecnici e di servizio del Caffè Greco si trova la Sala Bianca che ha in bella mostra una grande stampa di Guttuso dedicata proprio agli avventori del Greco.

Alla storica famiglia Gubinelli, che fu a lungo proprietaria del Caffè Greco, è dedicata la Sala Gubinelli in cui si trova il “Papillon di Gabriele D’Annunzio” regalato dal poeta al Caffè, di cui era un assiduo frequentatore.

La Sala Rossa – Ieri  si apre alla fine del lungo corridoio in uno splendore di altri tempi.

Infine, la Sala Rossa – Oggi, che un tempo era la stalla dove si lasciavano i cavalli per accedere al Caffè, è stato il luogo preferito da artisti e Vip, sia per incontrarsi che per trarre ispirazione per le loro opere.

https://youtu.be/RdVAGWSgdxY

Al Bicerin (Torino)

La storia inizia nel 1763, quando l’acquacedratario Giuseppe Dentis apre la sua piccola bottega nell’edificio di fronte all’ingresso del Santuario della Consolata. Il locale all’epoca era arredato semplicemente, con tavoli e panche di legno.

Nel 1856  viene edificato l’attuale palazzo e in questa sede il caffè assume l’elegante forma che oggi possiamo apprezzare: le pareti vengono abbellite con boiseries di legno decorate da specchi e lampade, e fanno la loro comparsa i caratteristici tavolini tondi di marmo bianco.

L’invenzione del “bicerin” è stata, senza alcun dubbio, la base del successo del locale. In realtà fu l’evoluzione della settecentesca bavarèisa, una bevanda allora di gran moda che veniva servita in grossi bicchieri e che era fatta di caffè, cioccolato, latte e sciroppo.

Il rituale del bicerin prevedeva all’inizio che i tre ingredienti fossero serviti separatamente, ma già nell’Ottocento vengono riuniti in un unico bicchiere e declinati in tre varianti: pur e fiur (simile all’odierno cappuccino), pur e barba (caffè e cioccolato), ‘n poc ‘d tut (ovvero “un po’ di tutto”), con tutti e tre gli ingredienti.

Un tempo, i caffè erano il luogo di ritrovo degli uomini  per bere, fumare e parlare. Le donne “rispettabili” non potevano frequentare luoghi così poco adatti a loro.

Anche in questo il Bicerin si dimostrò un locale unico: era stato aperto da un uomo, ma la gestione presto passò in mano a delle signore. La particolare posizione di fronte al Santuario della Consolata lo faceva meta preferita da un pubblico femminile che in tale ambiente si sentiva protetto e a suo agio,

Lo scrittore Umberto Eco nel suo romanzo storico Il Cimitero di Praga fa una lunga e dettagliata descrizione del Caffè Al Bicerin utilizzandolo come ambientazione di una parte del libro.

https://youtu.be/YDoTc_NRozc

Gran Caffè Gambrinus (Napoli)

Locale storico di Napoli in via Chiaia, il cui nome deriva dal leggendario re delle Fiandre Jan Primus, considerato il patrono della birra.

La storia del Gran Caffè Gambrinus inizia con l’Unità d’Italia quando, nel 1860, al piano terra del palazzo della Foresteria (attualmente sede della Prefettura) l’imprenditore Vincenzo Apuzzo apre il “Gran Caffè”.

Affacciato su Piazza Plebiscito e Palazzo Reale, il Caffè diventa in breve tempo il salotto del bel mondo cittadino e grazie all’opera dei migliori pasticceri, gelatai e baristi ottiene per decreto il riconoscimento di “Fornitore della Real Casa”.

Sull’onda francese anche a Napoli, a fine dell’Ottocento, arrivò il Cafè Chantant e il Gambrinus, insieme al Salone Margherita, fu uno dei ritrovi della nobiltà napoletana.

Con il passare del tempo, nella versione napoletana del Cafè Chantant si andò a delineare la figura della “sciantosa” (il termine deriva dall’adattamento in lingua napoletana della parola francese chanteuse, cioè cantante).

Ed anche in quel periodo è nata al Gran Caffè Gambrinus la pratica del “caffè sospeso”, che consiste nel lasciare un caffè pagato per le persone povere che non possono acquistarlo e concedersi il piacere di un caffè.

Il Gran Caffè Gambrinus prosperò fino al 1938 quando il prefetto Marziale ne ordinò la chiusura perché considerato luogo antifascista ed i locali furono ceduti al Banco di Napoli.

Agli inizi degli anni ’70 Michele Sergio dà inizio alla battaglia per recuperare i locali del Caffè. Grazie al lavoro minuzioso di restauro degli antichi stucchi e di recupero dei pregevoli affreschi, il Gran Caffè Gambrinus è rinato a nuovo splendore: https://youtu.be/q72EdkmHYOo

Il nostro giro nei più antichi caffè storici d’Italia finisce qui …

I LUOGHI DEL GATTOPARDO 

«Noi fummo i gattopardi, i leoni: chi ci sostituirà saranno gli sciacalli, le iene; e tutti quanti, gattopardi, leoni, sciacalli e pecore, continueremo a crederci il sale della terra.»

Sono le parole del Principe Don Fabrizio di Salina, protagonista del romanzo “Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, che narra le trasformazioni avvenute nella vita e nella società siciliana durante il Risorgimento, dal momento del trapasso dal regime borbonico alla transizione unitaria del Regno d’Italia, dopo la spedizione dei Mille di Garibaldi.

Il ricordo del figlio dello scrittore ci aiuta a capire meglio il suo carattere, la sua personalità e la nostalgia che lo accompagnò durante tutta la vita:

https://youtu.be/gZPr-VL1Csc  e a seguire https://youtu.be/wpfDdFM1j74

Giuseppe Tomasi di Lampedusa trascorreva durante l’infanzia lunghi periodi di vacanza nella residenza di Santa Margherita Belice, oggi museo del Gattopardo: https://youtu.be/WTGjLr-mGLM

La città di Palma venne fondata nel 1637 nella baronia di Montechiaro dai fratelli gemelli Carlo, barone Tomasi, e Giulio.

Poco dopo Carlo Tomasi, di salute fragile e molto attratto dalla vita religiosa, lascia il ducato e la fidanzata Rosalia Traina al fratello Giulio per entrare nell’Ordine dei chierici regolari teatini.

La dote della duchessa permette il definitivo consolidamento della famiglia Tomasi nei più alti strati dell’aristocrazia siciliana. Giuseppe, il penultimo dei Tomasi di Lampedusa e autore de “Il Gattopardo”,  possedeva vaste proprietà a Palma, dove ambientò gran parte delle vicende del suo romanzo:

https://youtu.be/DUmI6YPdoHc

Adesso partiamo con il Principe di Salina e andiamo nella sua residenza estiva di Donnafugata. Durante il viaggio ci renderà partecipi delle sue emozioni e ci consentirà di conoscere il suo personale sguardo del luogo: https://youtu.be/wSiZkw40alU

Non possiamo concludere questo percorso nei luoghi del Gattopardo senza ricordare la frase emblematica del romanzo: https://youtu.be/qb0IlSBFVt0

 

CAPPELLA DI SANSEVERO 

Nel cuore del centro antico di Napoli sorge il Museo Cappella Sansevero nel quale si intrecciano la creatività barocca, l’orgoglio dinastico, la bellezza e il mistero creando un’atmosfera unica, quasi fuori dal tempo.

E’ al contempo un mausoleo nobiliare ed un tempio iniziatico che riflette la poliedrica personalità del suo geniale ideatore: Raimondo di Sangro, settimo Principe di Sansevero, che viene descritto come un nobiluomo, esoterista, inventore, anatomista, militare, alchimista, massone, mecenate, scrittore, letterato e accademico italiano.

Rampollo di un casato discendente da Carlo Magno, Raimondo di Sangro nacque il 30 gennaio 1710 nel castello di Torremaggiore nelle Puglie. La madre morì quello stesso anno ed il padre fu costretto ad allontanarsi dall’Italia per vicende personali. Quindi, Raimondo fu affidato sin da bambino alle cure del nonno Paolo, sesto principe di Sansevero.

Il suo esordio come inventore risale al 1729, ancora allievo dai Gesuiti, con l’invenzione di un palco pieghevole per le rappresentazioni teatrali.

Nel 1735 aderì alla Massoneria, un’associazione che provvedeva al riverbero degli ideali dell’Illuminismo europeo.

I suoi rapporti con la Santa Sede si inasprirono quando pubblicò nel 1751 un’opera in cui elogiava un antico sistema comunicativo peruviano, con frequenti rimandi alla cabala. Ciò non piacque ai censori dell’Inquisizione romana che nel 1752 misero l’opera di Raimondo all’indice dei libri proibiti dall’autorità ecclesiastica.

Ma l’attività che lo tenne più impegnato fu la realizzazione del progetto iconografico della Cappella per il quale convocò vari artisti che diedero alla luce sculture di ricco simbolismo quali il Cristo velato, la Pudicizia e il Disinganno, considerati dei veri capolavori.

https://www.youtube.com/watch?v=XnWugNUDxlg

Gli ultimi quindici anni di vita di Raimondo furono segnati da pesanti difficoltà economiche che però non compromisero il completamento della Cappella nel 1766. Raimondo di Sangro morì nel 1771.

Ascoltiamo l’interpretazione artistica  sulla Cappella di Sansevero e sul Cristo velato a cura dal critico d’arte Vittorio Sgarbi: https://www.youtube.com/watch?v=JKjroHIsW5Q

CASTELLO DI SAMMEZZANO 

A 30 km. da Firenze troviamo il Castello di Sammezzano, circondato da un ampio parco, situato nell’omonima località che vanta origini molto antiche. Infatti, la tenuta di cui fa parte Sammezzano appartenne a famiglie molto importanti fino ad arrivare alla famiglia Ximenes d’Aragona, il cui ultimo erede fu Ferdinando Panciatichi.

Ferdinando Panciatichi Ximenes d’Aragona nacque a Firenze nel 1813 e nel periodo compreso tra il 1843 e il 1889 trasformò ed ampliò l’edificio.

 https://www.youtube.com/watch?v=ywoGAVSxLvE

Influenzato esteticamente dalla corrente culturale e artistica definita “orientalismo”, che si era diffusa in tutta Europa dagli inizi dell’800, Ferdinando iniziò a modificare la struttura esistente del castello e a realizzare nuove ambientazioni e nuove sale, tra cui la Sala d’Ingresso, il Corridoio delle Stalattiti, la Sala da Ballo e la Torre centrale.

Dato il suo particolare interesse per la botanica, Ferdinando piantò varie specie arboree nel parco che circonda il Castello, tra cui le maestose sequoie.

Uomo di idee liberali e fiero anticlericale fu un politico molto impegnato nel periodo dell’Unità d’Italia.

https://www.youtube.com/watch?v=VuSSc8nLTT4

Nel dopoguerra il Castello è stato adibito a hotel di lusso e fu set di numerose produzioni cinematografiche.

Nonostante la vendita all’asta del 1999 e alcuni urgenti lavori di restauro, era in stato di abbandono. Nell’ottobre 2015 il Castello è stato nuovamente messo all’asta a causa dei problemi di liquidità della società italo-inglese che lo acquistò nel 1999, ma è andata deserta.

Nel maggio 2017 viene acquistato all’asta da una società con sede a Dubai e il mese successivo la vendita è stata annullata dal tribunale di Firenze.

Nel 2012 è stato costituito il “10 marzo 1813-2013 – Comitato per i duecento anni dalla nascita del Marchese Ferdinando Panciatichi Ximenes d’Aragona”, che ancora oggi organizza eventi culturali nel Castello.

ABBAZIA DI SAN GALGANO

Galgano Guidotti, nato a Chiusdino nel 1148/1152 circa, era un giovane violento e dedicato ad una vita di divertimenti. Della sua vita si sa poco e ci sono pochi documenti.

Galgano – dopo le apparizioni di San Michele Arcangelo – si convertì e si ritirò a vita eremitica per darsi alla penitenza.

Il momento culminante della conversione avvenne nel giorno di Natale del 1180 quando, giunto sul colle di Montesiepi, Galgano infisse nel terreno la sua spada,allo scopo di trasformare l’arma in una croce: in effetti, nella Rotonda c’è un masso dalle cui fessure spuntano un’elsa e un segmento di una spada corrosa dagli anni e dalla ruggine, ora protetto da una teca.

Galgano  Guidotti morì nel 1181.

Quattro anni dopo la sua morte, Papa Lucio III lo proclamò santo.

Ugo Saladini, Vescovo di Volterra, fece edificare una cappella nel luogo della morte di San Galgano, che fu terminata intorno al 1185. Il suo successore promosse la costruzione di un vero e proprio monastero e, dato che negli ultimi anni della sua vita San Galgano era in contatto con i Cistercensi, furono loro ad essere chiamati a fondare la prima comunità di monaci.

https://www.youtube.com/watch?v=VdZ6izTtKZU

L’Abbazia di San Galgano si trova a una trentina di chilometri da Siena, nel comune di Chiusdino. Il sito è costituito dall’eremo (detto “Rotonda di Montesiepi”) e dalla grande abbazia, ora completamente in rovina e ridotta alle sole mura.

https://www.youtube.com/watch?v=pgcMh-lmIpM

L’abbazia fu realizzata tra il 1220 ed il 1268 nel periodo in cui in Italia si fondevano lo stile Romanico con il nascente stile Gotico, di origine francese.

Il tetto dell’abbazia crollò nel 1786 quando un fulmine colpì il campanile dell’abbazia. Tre anni dopo fu sconsacrata e da lì in poi venne usata come stalla, fino a quando nel 1926 lo Stato italiano ne riconobbe il valore culturale, tutelandola: https://www.youtube.com/watch?v=NJwAI2ACm9I

 

AQUILEIA

Friuli-Venezia Giulia, siamo ad Aquileia, piccolo comune italiano, antica colonia romana fondata nel 181 a.C. con la finalità di sbarrare la strada ai barbari che minacciavano i confini orientali dell’Italia:

https://www.youtube.com/watch?v=XsCtt7FPBY4

La Chiesa madre di Aquileia ha origini apostoliche. Qui San Marco, inviato da San Pietro ad evangelizzare la città, consacra Sant’Ermacora primo Vescovo di Aquileia.

Dedicata alla Vergine e ai Santi Ermacora e Fortunato, la basilica è il più antico edificio di culto cristiano dell’Italia nord-orientale. Ha una storia architettonica le cui radici affondano negli anni immediatamente successivi al 313 d.C. quando, grazie all’Editto di Milano che poneva termine alle persecuzioni religiose, la comunità cristiana ebbe la possibilità di edificare liberamente il primo edificio di culto.

Nei secoli successivi, dopo la distruzione di questa prima chiesa, sede vescovile, gli aquileiesi la ricostruirono per ben quattro volte, sovrapponendo le nuove costruzioni ai resti delle precedenti:

https://www.youtube.com/watch?v=OjSfYq9t6_4

L’attuale Basilica si presenta, nel complesso, in forme romanico-gotiche. L’interno, maestoso e solenne, è permeato di un’intensa spiritualità.

Il pavimento è costituito da un meraviglioso mosaico policromo del secolo IV, portato alla luce dagli archeologi negli anni 1909-12, ed è il più esteso mosaico paleocristiano del mondo occidentale (ben 760 m2).

Tra il pavimento e l’elegante soffitto ligneo, che risale al secolo XV, sono racchiusi oltre mille anni di vicende storico-artistiche.

https://www.youtube.com/watch?v=360Cmq5inlQ

I TEATRI DI CORTE 

Vestiamoci eleganti perché andremo a  visitare i Teatri di Corte, cioè quegli spazi adibiti ad uso teatrale all’interno delle residenze sovrane.

In occasione delle nozze tra Ferdinando I e Maria Carolina d’Asburgo-Lorena fu realizzato nel 1768 il Teatro di Corte del Palazzo Reale a Napoli.

Era stato allestito da Ferdinando Fuga nell’antica Sala Regia e venne seriamente danneggiato durante la Seconda Guerra Mondiale.

Il palco è originale del XVIII secolo, ma il palcoscenico ed il soffitto sono stati rifatti durante gli anni ’50 con affreschi che hanno ripreso quelli originali di Antonio Dominici e Crescenzio La Gamba.

Lungo le pareti sono poste nelle nicchie delle statue ritraenti Minerva, Mercurio, Apollo e le nove Musa:

https://www.youtube.com/watch?v=I-aGjJQyISM&t=20s

Da Napoli ci spostiamo a Firenze dove gli spettacoli si erano tenuti nel Salone dei  Cinquecento a Palazzo Vecchio finchè Francesco I commissionò a Bernardo Buontalenti nel 1576 un Teatro di Corte , che fu completato nel 1586.

Nel 1589 lo stesso Buontalenti modificò completamente l’apparato decorativo, su indicazione del nuovo Granduca Ferdinando I e l’inaugurazione ebbe luogo in occasione dei festeggiamenti per le nozze del Granduca con Cristina di Lorena: venne allestita “La pellegrina”, un’opera di transizione verso il melodramma in cui le parti cantate superavano ormai quelle recitate.

Nel XVIII secolo, con l’invenzione dei teatri più comodi, a palchi, e con il definitivo trasferimento della corte granducale a Palazzo Pitti, il Teatro Mediceo fu smantellato: https://www.youtube.com/watch?v=exsIHLxaeqg

Un percorso di soli 186 km. per arrivare a Parma al Palazzo della Pilotta dove, Ranuccio I duca di Parma e Piacenza a partire dal 1618 fece costruire un teatro di corte perché intendeva celebrare con uno spettacolo teatrale la sosta a Parma del Granduca di Toscana Cosimo II, diretto a Milano per onorare la tomba di San Carlo Borromeo.

Il teatro venne costruito al primo piano del Palazzo della Pilotta e fu inaugurato solo nel 1628 in occasione delle nozze di Odoardo, figlio di Ranuccio, con Margherita de’ Medici, figlia di Cosimo.

Nel secolo successivo il teatro decadde inesorabilmente e venne quasi completamente distrutto durante la Seconda Guerra Mondiale nel 1944.

Tra il 1956 ed il 1960 fu ricostruito secondo i disegni originali con il materiale recuperato ed inserito come prestigioso ingresso della Galleria Nazionale di Parma.

Oggi il  Teatro Farnese è sede di alcune rappresentazioni concertistiche ed operistiche del Teatro Regio di Parma: https://www.youtube.com/watch?v=5dETvWopcjs

Non possiamo salutarci senza visitare il Teatro di Corte della Reggia di  Caserta voluto dal re Carlo III di Borbone sul modello del Teatro San Carlo di Napoli.

E’ un gioiello architettonico realizzato da Luigi Vanvitelli in modo che potesse, in caso di necessità scenica, aprirsi sul fondo verso il parco della Reggia, come avvenne in occasione della rappresentazione della “Didone abbandonata”, opera su libretto di Pietro Metastasio, quando fu simulato l’incendio di Cartagine.

Il teatro fu completato nel 1768 con cinque ordini di palchetti su impianto a ferro di cavallo, sontuosamente decorati con ornamenti che alludono alla casa regnante: https://www.youtube.com/watch?v=wTVYNBu8Y8Y.

Ci siamo divertiti, abbiamo sognato di far parte di qualche antica corte europea,  adesso torniamo dal nostro viaggio nel tempo …