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Turismo

URBINO E I MONTEFELTRO

L’antica Urbinum Metaurense (oggi Urbino) fu un importante municipio in età romana.

Nel 1213 gli Svevi la dettero in feudo alla famiglia dei Montefeltro, con la quale divenne il centro di un vasto Stato che nel 1443 fu elevato a Ducato da Papa Eugenio IV.

I Montefeltro dominarono sul territorio fino al 1508, in seguito passò in mano ai Della Rovere fino all’estinguersi della dinastia nel 1631.

A partire da quel momento il Ducato di Urbino fece parte della Chiesa ed incominciò il suo declino.

Nel 1797 fu preso dai Francesi e dopo una breve occupazione da parte di Gioacchino Murat, tornò sotto l’autorità pontificia fino al 1860 in cui entrò a far parte del Regno d’Italia.

Città natale di Raffaello Sanzio, Urbino fu uno dei centri più importanti del Rinascimento italiano e dal 1998 il suo centro storico è Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO.

https://youtu.be/vxSX0ycdVQA

Se è vero che ai giorni d’oggi la cultura intellettuale è stata sostituita dalla cultura alimentare, per fortuna possiamo andare a ritroso nel tempo e trovare un personaggio come il Duca Federico da Montefeltro che lasciò un’importante eredità artistica e culturale nella città di Urbino.

https://youtu.be/sKjSeGn_YeM

Il Palazzo Ducale, capolavoro dell’architettura rinascimentale, ospita la Galleria Nazionale delle Marche con opere di Piero della Francesca e altri maestri che furono ospiti alla corte dei Montefeltro, oltre allo stesso Raffaello.

Entriamo adesso nel cuore del Palazzo Ducale, cioè lo studiolo di Federico da Montefeltro.

https://youtu.be/c_N4ZQYm9fw

A Via Barocci, nel cuore del centro storico di Urbino, visitiamo l’Oratorio di San Giuseppe e quello di San Giovanni, in cui si conservano pregiati affreschi ed opere d’arte.

https://youtu.be/F5Y_k1u9Juc

ISOLA TIBERINA

Roma. Dalla Stazione Termini possiamo prendere la metropolitana, scendere a Circo Massimo e percorrere un tratto di strada fino al Ponte Fabricio.

Se vogliamo arrivare dalla parte opposta, bisogna scendere alla stazione Roma Trastevere e camminare lungo il viale Trastevere per arrivare al Ponte Cestio.

In un modo o nell’altro, alla fine del percorso ci attende l’unica isola urbana del Tevere: l’Isola Tiberina.

Una leggenda vuole che l’isola si sia formata nel 510 a. C. dai covoni di grano, di proprietà del re Tarquinio il Superbo, che furono gettati nel Tevere al momento della rivolta che ne causò la sua cacciata dal potere.

Un’altra, invece, racconta che, essendo scoppiata a Roma nel 291 a.C. una grave epidemia, una nave con dotti romani salpò verso Epidauro, la città sacra ad Esculapio, per chiedere soccorso al più importante dio guaritore della Grecia.

Nel frattempo, un serpente si rifugiò nella nave romana. Quando essa giunse nei pressi dell’isola, il serpente scese dalla nave perdendosi nella sterpaglia. Ciò fu interpretato come un segno sul luogo dove sarebbe dovuto sorgere il tempio.

https://youtu.be/_il4GqPBUgM

Il Tempio di Esculapio sorse nel luogo oggi occupato dalla chiesa di San Bartolomeo. Ai lati del tempio c’era un portico per l’accoglienza dei pellegrini e dei malati.

https://youtu.be/8fXq-0dzRcI

Nel 998 l’imperatore tedesco Ottone III edificò la chiesa di San Bartolomeo per accogliere i resti di due martiri: San Bartolomeo apostolo, il cui corpo è custodito nell’altare maggiore, e Sant’Adalberto, vescovo di Praga, ucciso nel 997 mentre evangelizzava popolazioni pagane.

https://youtu.be/B_XNZqBbFSw

Giovanni Ciudad fondò a Granada (Spagna) nel 1537 l’Ospedale di Giovanni di Dio, aperto a tutti e con lo scopo di aiutare i poveri.

Per la sua grande opera fu dichiarato patrono degli ospedali e dei malati e degli infermieri da Leone XIII nel 1886 e da Pio XI nel 1930.

Alla sua morte, i suoi seguaci arrivarono a Roma nel 1570. Uno di loro, Pietro Soriano, nel 1571 fondò il primo ospedale dei Fatebenefratelli in Piazza di Pietra. Nel 1584 acquistò il monastero con la chiesa di S. Giovanni Calibita all’isola Tiberina e vi trasferì l’ospedale che prese lo stesso nome della chiesa.

https://youtu.be/tayIC0TmENc

Come avrete capito si tratta di un’isola molto piccola: lunga 300 metri e larga 90.

Quindi, la nostra gita finisce qui.

Ma prima di lasciarci, facciamo un volo virtuale da Ponte Milvio fino all’Isola Tiberina durante il quale potremo riconoscere alcuni dei monumenti più importanti di Roma.

https://youtu.be/pbQk_7oH6t0

CI VEDIAMO AL GIANICOLO

L’appuntamento di oggi è al Gianicolo, chiamato anche l’ottavo colle romano perché non fa parte dei Sette Colli tradizionali.

Pronti? Partiamo da Piazza della Rovere, prendiamo la salita del Gianicolo, superiamo il parcheggio dei bus turistici e, dopo qualche curva, sulla nostra destra troviamo l’Ospedale pediatrico Bambin Gesù.

Proseguiamo la salita su una strada alberata a due corsie e, dopo l’ultima curva, a sinistra, c’è il Faro, edificato nel 1911, che ha una funzione commemorativa in quanto fu eretto su iniziativa degli italiani residenti a Buenos Aires per festeggiare il cinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia.

Subito dopo, sempre sulla sinistra, incontriamo i busti dei patrioti italiani e stranieri che hanno combattuto durante il Risorgimento per l’unificazione dell’Italia, e un po’ più avanti il teatrino dei burattini che ogni fine settimana intrattiene i bambini.

Finalmente… eccoci a Piazza Garibaldi!

Assieme a Monte Mario e al Pincio, il Gianicolo è uno dei luoghi più panoramici della città.

Il nome Gianicolo, secondo la tradizione, deriverebbe dal dio Giano che avrebbe fondato un centro abitato conosciuto come Ianiculum.

https://youtu.be/n-46XJJPPoY

il “Fontanone” o Fontana dell’Acqua Paola fu voluta da papa Paolo V Borghese nel ‘600 per affrontare il problema dello scarso approvvigionamento d’acqua nei rioni Borgo, Trastevere e il colle Vaticano. Quindi promosse il restauro dell’acquedotto Traiano e per celebrare questa opera commissionò la realizzazione di una fontana monumentale.

https://youtu.be/rfICYIljFTU

Vicino al Fontanone, sorge la Chiesa di San Pietro in Montorio, fondata nel Medioevo per i monaci Celestini dell’ordine di Celestino V. Nel XII secolo passò ai Benedettini e alla fine del ‘400 fu affidata ai frati Francescani.

https://youtu.be/Ql85vHDL1SY

Sul luogo dove, secondo la tradizione, l’apostolo Pietro fu crocifisso sulla croce capovolta a testa in giù, fu edificato il bellissimo Tempietto del Bramante, posto al centro di uno dei cortili del convento di San Pietro in Montorio.

La sua costruzione fu commissionata al Bramante dai re cattolici di Spagna, Isabella I di Castiglia e Ferdinando II d’Aragona, come scioglimento di un voto.

Più tardi nel convento fu presente una congregazione spagnola ed alcuni edifici circostanti sono attualmente sede dell’Accademia di Spagna.

https://youtu.be/6IMvpiP22LM

Affacciati dal Gianicolo, mentre ci godiamo il panorama, ricordiamo questa scena, tratta dal film “La grande bellezza” di Paolo Sorrentino, che rende omaggio all’ottavo colle di Roma:

https://youtu.be/QtzUyE7Bjv4

SPILIMBERGO

Nel Friuli-Venezia Giulia, sulla sponda destra del fiume Tagliamento, intorno all’XI secolo sorse il comune di Spilimbergo quando i conti Spengenberg, originari della Carinzia, si stabilirono nella zona in qualità di vassalli del patriarca di Aquileia.

Il centro della cittadina fu il castello ed in seguito si svilupparono Borgo Vecchio e la Valbruna e poi, nel XIV secolo, il Borgo di Mezzo, il Broiluccio e il Borgo Nuovo.

https://youtu.be/1G84wr8GQLU

Il castello di Spilimbergo, risalente nelle sue strutture originarie al X/XI secolo, fu innalzato dalla famiglia Spengenberg per sorvegliare uno dei guadi del Tagliamento.

Oggi si presenta come un agglomerato di residenze signorili, disposte ad anello attorno alla corte centrale.

https://youtu.be/eEpyNVXQxAA

Il commercio è stato sempre l’anima di Spilimbergo ed i mercati si svolgevano nella piazza del Duomo.

Il Duomo di Santa Maria Maggiore, iniziato nel 1284 nacque sotto l’influsso dell’arte romanica, ma fu concluso verso il 1420 e, quindi, prese il sopravvento l’arte gotica.

L’edificio, anche se resistette al terremoto del 1976, riportò danni molto gravi.

https://youtu.be/EgUFIRWsZTo

Nel 1922 fu fondata a Spilimbergo la Scuola Mosaicisti del Friuli, prestigiosa istituzione nota a livello internazionale.

https://youtu.be/XwwiGPZcXmk

Ai lettori argentini sicuramente il nome Spilimbergo riporterà alla memoria la figura di Lino Enea Spilimbergo, uno dei più importanti pittori locali, figlio di immigranti italiani (padre piemontese e madre ligure). Ma questa è un’altra storia …

MASSA LUBRENSE

Oggi ci spostiamo al sud, nella penisola sorrentina, e proprio ai suoi estremi e protesa verso l’isola di Capri, si trova Massa Lubrense o Terra delle Sirene. 

Le sirene erano creature presenti nell’immaginario collettivo dell’antica Grecia, il cui aspetto originario era per metà donna e per metà uccello, ed erano di natura ingannatrice. 

Secondo la leggenda, le sirene abitavano tra la penisola di Sorrento e l’isola di Capri proprio nella zona in cui sorge Massa Lubrense. 

Il territorio fu abitato fin dai tempi preistorici come dimostrano resti archeologici e successivamente si insediarono i greci e dopo i romani. 

Nel periodo medievale la storia di Massa è legata a quella di Sorrento, essendone stato suo ducato. 

Nel corso dei secoli il paese ha assunto una rilevante indipendenza economica grazie al fatto che fosse scelto sempre di più come luogo di residenza estiva di nobili. 

https://youtu.be/zU5eWI9RKwc  

Un fatto storico ebbe luogo in una villa costruita nel secolo XVII, appartenente all’epoca ai signori Della Noce. 

Alla fine del ‘700 la villa fu acquistata dalla famiglia Rossi e fu Andrea Rossi ad ospitare nell’ottobre 1808 Gioacchino Murat che, diventato re di Napoli, decise di riconquistare Capri dalle mani degli inglesi. 

Nella sua villa fu firmato l’atto di resa da parte di Sir Hudson Lowe, e da allora venne chiamata anche villa Murat. 

https://youtu.be/RJr_uh02QLM   

 

È d’obbligo per chi si reca a Massa Lubrense visitare Punta Campanella che – oltre ad essere uno splendido scenario – è un’Area Marina Protetta che si estende in una superficie in mare di oltre 1500 ettari tra i comuni di Massa Lubrense e Positano.  

Sotto l’acqua si cela una vita rigogliosa e di notevole biodiversità. 

https://youtu.be/xgNhHnWxEYI 

 

NEMI

Arroccata su uno sperone a strapiombo sul lago omonimo, Nemi è una delle più piacevoli e romantiche località dei Castelli Romani.

Il suo nome deriva dal latino nemus (bosco).

Durante una bella passeggiata nel centro storico si possono scoprire numerose botteghe di artigiani e di prodotti enogastronomici.

Nella piazza centrale, simbolo della cittadina, si erge il castello risalente al medioevo, oggi Palazzo Ruspoli, circondato da un giardino pensile.

https://youtu.be/TEdkF1tdYNE

Nemi è anche il paese delle navi romani di duemila anni fa, appartenute a Caligola e recuperate dalle acque del lago tra il 1929 e il 1931.

In quegli anni fu costruito sulla  sua riva  il Museo delle Navi Romane per custodire i preziosi scafi.

https://youtu.be/NDFPXIlxdXg

Studiosi dell’opera di Dante Alighieri, come l’arch. Giuliano Di Benedetti,  ritengono che il Sommo Poeta abbia trovato ispirazione nei boschi di Nemi per l’ambientazione della Divina Commedia:

https://youtu.be/dKCxM3w49m0

Un prodotto caratteristico di Nemi  sono le fragole, figura centrale della Sagra che si svolge ogni anno a giugno, alla quale da qualche tempo è stata affiancata la Mostra dei fiori.

https://youtu.be/xLCCbiG3H20

ANACAPRI

Con il pulmino che parte dal centro di Capri si arriva in pochi minuti ad Anacapri, il cui nome deriva dal greco ànà (sopra) Capri.

Conosciuto e rinomato come centro turistico, Anacapri è un piccolo borgo abitato sin dall’epoca romana, come testimoniano i resti  di ville romane sul territorio e di statue rinvenute nella Grotta Azzurra.

Anacapri ebbe il suo periodo di massimo splendore fra Ottocento e Novecento, quando divenne meta di villeggiatura di artisti di tutta Europa e loro fonte di ispirazione.

https://youtu.be/92lwSsi8QfE

Axel Munthe, medico e scrittore svedese, visitò per la prima volta Anacapri quando aveva 19 anni e decise che lì avrebbe costruito la sua casa.

A 38 anni, essendo già un professionista di successo, incominciò a realizzare il suo sogno: costruire una casa per l’anima perché, come lui stesso scrisse, “l’anima ha bisogno di più spazio del corpo”.

https://youtu.be/YnDEqloWyOs

E, siccome l’anima ha anche bisogno di musica, vi lascio all’ascolto di “Les collines d’Anacapri” che Claude Debussy compose nel 1909 per pianoforte solo, in questa versione per orchestra:

https://youtu.be/oqn7S9FNqJI

TROPEA

La leggenda vuole che sia stato  Ercole a fondare Tropea durante uno dei suoi viaggi.

In realtà, secondo alcuni studiosi,  Scipione l’Africano,  mentre era diretto a Roma dopo la conquista di Cartagine nel 209 a.C.,  fondò una città con il nome di Tropea, che deriva dal nome latino di Trophaeum.

Grazie alla sua ottima posizione geografica ricoprì un ruolo importante anche durante il dominio dei Normanni e degli Aragonesi.

https://youtu.be/CtbIiDaZA14

Il Santuario di Santa Maria dell’Isola sorge su uno scoglio e non ci sono notizie certe sulle sue origini.

Tropea, Italy. Aerial view of Santa Maria dell’Isola Monastery.

Gli storici sostengono che ci fu un insediamento iniziale di monaci eremiti provenienti dalla Grecia. La città e il Santuario fecero parte del dominio di Bisanzio fino all’arrivo dei Normanni.

Alcuni documenti attestano che, intorno al 1066, i Normanni donarono il Santuario ed alcuni territori dei dintorni all’abate di Montecassino. Infatti, i monaci benedettini vi abitarono per un lungo periodo.

https://youtu.be/rvNuPyMxS8c

Oltre alle spiagge, un altro vanto di Tropea sono le cipolle rosse che hanno il marchio IGP (indicazione geografica protetta).

La zona di produzione comprende alcuni comuni in provincia di Cosenza, Catanzaro e Vibo Valentia.

L’origine della cipolla rossa di Tropea è legata a Paesi dell’Asia centro-occidentale: alcuni documenti consentono di affermare che già nel 3000 a.C. era conosciuta e consumata dagli Egiziani. Successivamente, grazie ai Fenici, gli Assiri e i Babilonesi fu introdotta nei Paesi del Mediterraneo.

E’ famosa nel mondo per il suo profumo e per la sua leggerezza oltre che per la sua dolcezza.

https://youtu.be/8hYuEr__cVg

IN GIRO PER I FARI …

S’imbracciò lo scudo, che immenso e saldo di lontan splendea come luna, o qual foco ai naviganti sovr’alta apparso solitaria cima, quando lontani da’ lor cari il vento li travaglia nel mar: tale dal bello e vario scudo dell’eroe saliva all’etra lo splendor.

 

Dal libro XIX dell’Illiade in cui  lo sfavillio dello scudo d’Achille venne paragonato ad uno dei fuochi che dalle alture rendevano sicura la via ai naviganti.

 

Anticamente, sulle colline prospicienti le zone pericolose per la navigazione, venivano  tenuti accesi  durante la notte dei semplici falò, alimentati con fascine di legna.

Nel 292 a.C. fu costruito il famoso Colosso di Rodi che l’iconografia classica rappresenta come una figura antropomorfa con un braciere in una mano, posta a cavallo dell’estremità di un porto circolare, con le navi che passano tra le sue gambe.

Alto 32 metri, crollò dopo 80 anni a causa di un terremoto.

Invece, il faro di Alessandria (altrettanto famoso) che fu eretto nel 280 a. C., nonostante i terremoti subiti resistette fino al crollo definitivo nel 1302.

Le prime torri in pietra con un fuoco acceso sulla sommità sono del periodo dell’Impero Romano. Durante il Medioevo furono costruite torri di avvistamento sulle coste.

Nel Rinascimento incomincia l’evoluzione dei fari  e viene installato il vetro sulle lanterne come protezione contro gli agenti atmosferici.

Fino al XVIII i fari emettevano una luce di debole intensità, il vetro era spesso ed opaco ed era difficile tenerlo pulito. Solo nel 1700 il vetro diventa trasparente e, a partire dal 1800, per le luci dei fari si cominciano ad usare i derivati dal petrolio e successivamente  l’elettricità.

 

In Italia i fari sono sotto la giurisdizione della Marina Militare e pochi sono quelli ancora presidiati da un “operatore nautico” (non più “guardiano” come veniva chiamato una volta), gli altri sono automatizzati.

Anche i fanalisti d’Italia hanno il loro protettore: San Venerio.

Questo eremita, vissuto tra il 560 e il 630, rinunciò volontariamente alla carica di abate per ritirarsi sull’isola di Tino.

Il monaco aveva la consuetudine di accendere fuochi sulla vetta dell’isola per fornire ai naviganti un riferimento nelle notti senza luna.

Il santo viene festeggiato il 13 settembre: in quest’occasione a La Spezia si svolge una processione in mare che prevede il trasferimento della statua di San Venerio all’isola di Tino, con posteriore benedizione alle imbarcazioni.

 

I fari in Italia sono più di cento, noi ne visiteremo soltanto alcuni.

A Forio d’Ischia, di fronte al mare, si trova il faro di Punta Imperatore, il più antico del Mediterraneo.

Fu costruito a partire dal 1879 ed elettrificato dalla Regia Marina nel 1916. Dopo anni di abbandono, nel 2018 fu acquistato da una società tedesca  per trasformarlo in un resort di lusso.

https://youtu.be/ZjJFtPQ6lNU

 

 

Il faro della Rocchetta, al Lido di Venezia, fu costruito nel 1855 e attivato nel 1879. Originariamente serviva ad indicare il porto alle navi provenienti dalla laguna che intendevano uscire. Più tardi è stato potenziato in modo da servire anche alle navi in entrata.

https://youtu.be/XRXuaIPFukI

 

La Lanterna di Genova, simbolo della città, è stata costruita nel 1128, ma l’attuale costruzione risale al 1543.

https://youtu.be/HjU-M7apcvw

 

 

Concludiamo con il Faro della Vittoria, a Trieste, simbolo della liberazione: la sua costruzione – iniziata nel 1923 e terminata quattro anni più tardi – fu decisa dopo l’arrivo in porto della nave Audace,  alla fine  della Prima Guerra Mondiale.

Inoltre, celebra il passaggio della città di Trieste al Regno d’Italia e commemora i caduti in mare durante la Grande Guerra.

La statua della Vittoria Alata è opera dello scultore triestino Giovanni Mayer: innalza con la mano sinistra una fiaccola e con la destra stringe una colonna d’alloro.

La corona che ne orna il capo nasconde l’impianto di protezione dalle scariche atmosferiche.

https://youtu.be/y8zwm1NmIQk

 

SIRACUSA E TAORMINA

Sulla costa sud-orientale della Sicilia sorge Siracusa, fondata dai  Corinzi nel 733 a.C.

Dal 2005 è stata dichiarata Patrimonio dell’Umanità  dall’UNESCO per le sue ricchezze storiche, architettoniche e paesaggistiche.

https://youtu.be/2NI2wCGuQE4

 

Uno dei vanti di Siracusa è il Teatro Greco costruito nel V secolo a.C., situato all’interno del Parco archeologico della Neapolis.

Il teatro ha subito una ristrutturazione nel III secolo a.C.  ed è stato  ritrasformato in epoca romana.

Oltre che per le rappresentazioni artistiche, veniva anche usato per le assemblee popolari ed, in epoca imperiale, per i giochi circensi.

Successivamente cadde in abbandono. Nel ‘700 iniziarono gli scavi che sono stati completati solo a metà del Novecento.

https://youtu.be/SfqXWAidD40

 

Facciamo poco più di un centinaio di chilometri e arriviamo a  Taormina, uno dei centri turistici di maggior rilievo della Sicilia, già meta dei viaggiatori  del Grand Tour.

Il Teatro Antico di Taormina è il secondo teatro per dimensioni in Sicilia, dopo il Teatro Greco di Siracusa.

L’impianto originario risale al III secolo a.C., subì una prima ristrutturazione durante il periodo repubblicano ed un ampliamento nella prima metà del secolo II d.C.

Nel tardo Impero venne adattato ad ospitare spettacoli di lotta tra gladiatori e bestie feroci.

Vediamo una ricostruzione virtuale del teatro:

https://youtu.be/Hnv0P5Bh7eg

 

Il teatro come si presenta oggi: https://youtu.be/htaTNzqj5A8

 

Attualmente il Teatro Antico di Taormina è un importante luogo turistico dedicato a concerti ed eventi, con un’ottima visuale panoramica sull’Etna e sul Mar Ionio:

https://youtu.be/AFWCpsBh3Ag

SANTA MARIA CAPUA VETERE

Da Napoli prendiamo l’aereo, il treno, il bus o la macchina (a voi la scelta) e andiamo a Santa Maria Capua Vetere.

Questo comune della provincia di Caserta sorge sulle rovine dell’antica Capua.

La prima parte del toponimo (Santa Maria) si riferisce alla denominazione che ebbe il paese dal 1315, cioè Villa Santa Maria Maggiore.

La seconda parte (Capua Vetere) fa riferimento all’antica città di Capua e l’aggettivo “Vetere” deriva dal latino vetus, veteris che significa “antico”.

La denominazione di Santa Maria Capua Vetere è stata stabilita nel 1862.

https://youtu.be/FOQi93A_VjY

 

Dopo il Concilio di Efeso del 431, in cui fu data molta importanza alla figura di Maria Madre di Dio, furono edificate molte chiese dedicate al culto della Madonna.

La Basilica di Santa Maria Maggiore (Duomo di Santa Maria Capua Vetere) fu realizzata nel 432 per volere di San Simmaco, vescovo di Capua, utilizzando materiali provenienti da edifici che avevano abbellito Capua antica nel periodo romano.

https://youtu.be/3px_14OEAx0

L’anfiteatro, secondo in ordine di grandezza dopo il Colosseo, fu innalzato tra la fine del I e gli inizi del II secolo d.C., in sostituzione dell’antica arena.

Qui aveva sede un’importante scuola gladiatoria dove ci si allenava e si combatteva.

L’anfiteatro fu oggetto di molte trasformazioni nel tempo: nel 456 d.C. subì il saccheggio di Genserico, e fu riparato nel 530 d.C..

Durante il dominio gotico e longobardo continuò ad avere funzioni di arena. Dopo la distruzione ad opera dei Saraceni nell’841 d.C., fu trasformato in una fortezza.

A partire dal periodo della dominazione sveva divenne cava di estrazione di materiali lapidei.

Dal 1930 furono realizzati numerosi interventi di restauro conservativo.

https://youtu.be/y4TJZHl0Wmk

Nei pressi dell’Anfiteatro Campano sorge il Museo dei Gladiatori: nella prima sala vi sono varie iscrizioni recanti dediche agli imperatori Adriano e Antonino Pio; nella seconda  sono esposti  rilievi raffiguranti scene di combattimento gladiatorio e personaggi che adornavano l’Anfiteatro. Nella terza sala è allestita una rappresentazione meccanica di un combattimento.

https://youtu.be/enj7Wn-wB18

Nel centro storico cittadino il 12 aprile del 1896 venne inaugurato il Teatro Garibaldi con la presentazione dell’opera “La forza del destino” di Giuseppe Verdi, diretta dal Maestro Vincenzo Grandine.

L’edificio, di stile parigino, ha tre portoni di ingresso con ai lati due nicchie con all’interno le statue in gesso di Goldoni e Alfieri. Sopra l’entrata i quattro medaglioni rappresentano Bellini, Rossini, Pergolesi e Cimarosa.

La sala principale è in stile tardo-neoclassico a ferro di cavallo e sul soffitto si può ammirare il dipinto di Gaetano Esposito.

A partire dalla Prima Guerra Mondiale il teatro iniziò il suo declino e fu costretto a chiudere ed, in seguito, fu trasformato in sala cinematografica.

Durante la Seconda Guerra Mondiale ospitò artisti americani e, alla fine del conflitto, tornarono ad esibirsi i più noti artisti italiani.

Nel 1980, il terremoto ad Irpinia rese inagibile l’edificio che rimase chiuso per oltre vent’anni. Nel 2002 iniziarono i lavori di restauro e due anni dopo fu riaperto al pubblico.

https://youtu.be/3bJm3cIhIl4

La nostra gita a Santa Maria Capua Vetere si conclude con una visita al Museo Archeologico dell’antica Capua.

Il museo, ospitato in un edificio storico della metà dell’800, originariamente sede di una Caserma di Cavalleria, è stato inaugurato nel 1995.

Si sviluppa intorno al cortile, di forma quadrata, con un giardino centrale, anch’esso un “museo a cielo aperto” con frammenti lapidei e sarcofagi.

Il patrimonio archeologico si è costituito grazie agli scavi effettuati sul territorio a partire dagli anni ’80 del Novecento.

Nelle sale si esibiscono straordinari reperti in grado di raccontare l’importante ruolo che il centro antico ha assunto sin dalle sue origini.

All’ingresso del museo, un satiro, elegante copia in marmo di età romana del Satiro in riposo di Prassitele, invita a scoprire la grande Capua.

https://youtu.be/f5VkuNKleoQ

VALLE D’AOSTA

Oggi ci rechiamo nella regione più piccola d’Italia con un territorio completamente montano: la Valle d’Aosta.

Confina a nord con la Svizzera, a ovest con la Francia e a sud e ad est con il Piemonte.

https://youtu.be/vuqlr4nDdgg

I primi insediamenti umani, rivenuti nell’area di Sant-Pierre, risalgono al IV millennio a.C. che, insieme all’area megalitica di Sant-Martin-de-Corléans e il Cromlech del Piccolo San Bernardo, costituiscono i siti archeologici preistorici nella regione.

In origine la zona era abitata dai Salassi e nel 25 a. C. venne conquistata dai romani che fondarono Augusta Praetoria Salassorum, l’odierna Aosta.

https://youtu.be/-T4wFlxfQcQ

Una particolarità della Valle d’Aosta è il bilinguismo: infatti le indicazioni stradali riportano testi in francese e in italiano e quasi tutti i cognomi locali sono di derivazione francofona.

Quando i romani fondarono Augusta Praetoria inizia la latinizzazione dei locali Salassi.

Nel 575 Pont-Saint-Martin diventa confine del regno dei Franchi e la Valle d’Aosta è annessa al regno di Borgogna, dove il latino si evolve nel franco-provenzale.

A partire dal 1200 il latino è lentamente sostituito dal francese nella lingua scritta, finché nel 1561 il duca Emanuele Filiberto di Savoia adotta il francese in sostituzione del latino per tutti gli atti pubblici.

Nel 1860 la Savoia è annessa alla Francia e la Valle d’Aosta resta l’unico territorio francofono in Italia.

Durante il ventennio fascista si diffonde la lingua italiana nella regione con il divieto di usare e di insegnare il francese.

Nel 1948 lo Statuto speciale di autonomia sancisce la parità delle lingue italiana e francese nella Valle d’Aosta. Comunque, in alcuni comuni della valle del Lys la popolazione Walser parla dialetti di ceppo tedesco.

In Valle d’Aosta i castelli sono numerosi e costituiscono una delle attrazioni turistiche: https://youtu.be/DH430TmUPgs

Uno dei vanti di questa regione è la Fontina: un formaggio prodotto con latte vaccino che gode del marchio DOP (Denominazione di Origine Protetta).

In un documento del 1270 viene citato un formaggio prodotto con latte intero ma senza uno specifico nome. Solo nel 1717 nel registro del canonico del Gran S. Bernardo si trova la citazione di un formaggio “de Fontin”, anche se la scelta di questo termine è difficile da immaginare.

https://youtu.be/MDx74DQO7t8

Benché i legionari romani avessero apprezzato la qualità dei vini della Valle d’Aosta, con le invasioni barbariche la viticoltura venne completamente abbandonata.

Nel secolo XI i monaci benedettini diedero impulso alla produzione del vino reimpiantando dei vigneti.

Nel corso dei secoli la viticoltura valdostana continuò a progredire e molti autori citano vini come Donnas, Chambave, Nus, Torrette, Arvier.

https://youtu.be/A-1pucGhvTQ

 

SARDEGNA

“Noi siamo spagnoli, africani, fenici, cartaginesi,
romani, arabi, pisani, bizantini, piemontesi.
Siamo le ginestre d’oro giallo che spiovono
sui sentieri rocciosi come grandi lampade accese.
Siamo la solitudine selvaggia, il silenzio immenso e profondo,
lo splendore del cielo, il bianco fiore del cisto.
Siamo il regno ininterrotto del lentisco,
delle onde che ruscellano i graniti antichi,
della rosa canina,
del vento, dell’immensità del mare.
Siamo una terra antica di lunghi silenzi,
di orizzonti ampi e puri, di piante fosche,
di montagne bruciate dal sole e dalla vendetta.
Noi siamo sardi.”

 

“Noi siamo sardi” è un’opera fortemente identitaria, una delle più famose poesie di Grazia Deledda, Premio Nobel per la letteratura nel 1926.

 

Sardegna (Sardinnia in sardo) è un’isola situata nel Mediterraneo occidentale e il suo territorio è costituito anche da un considerevole numero di piccole isole e arcipelaghi circostanti: https://youtu.be/VFBPSMMd6Z8

Prima di addentrarci nella storia e nelle origini della Sardegna soffermiamoci su alcune curiosità: https://youtu.be/E-5OvvAm4EE

La civiltà nuragica è nata e si è sviluppata nell’isola in un periodo di tempo che va dall’età del bronzo (2300-1800 a.C.) al II secolo d.C.

Gli antichi sardi o nuragici erano un popolo di guerrieri e navigatori, di pastori e di contadini suddiviso in tante tribù. Commerciavano con i Micenei e i Minoici, con gli Iberici, i Fenici e gli Etruschi: https://youtu.be/p1bPfFq1rFQ

La storia più recente ci porta al Regno di Sardegna che fu istituito nel 1297 da Papa Bonifacio VIII per risolvere la crisi politica e diplomatica sorta tra la corona d’Aragona e il ducato d’Angiò.

Il Regno di Sardegna fece parte della corona d’Aragona fino al 1713.

Dopo la guerra di successione spagnola entrò a far parte dei domini degli Asburgo d’Austria e nel 1720 venne ceduta al duca di Savoia Vittorio Amedeo II.

Il critico d’arte Philippe Daverio ci illustra su questo periodo storico e ci porta nei luoghi che ne furono testimoni: https://youtu.be/kVQGdaa3A6k

Anche la musica tradizionale sarda, sia cantata che strumentale, è molto antica.

La caratteristica danza sarda chiamata su ballu tundu è accompagnata dal suono delle launeddas (predecessore della cornamusa), un antico strumento risalente ad un’epoca antecedente all’VIII secolo a.C.

Il canto a tenore è tipico della Barbagia ed è ritenuto un’espressione artistica unica al mondo. Nel 2005 è stato riconosciuto dall’UNESCO come Patrimonio orale e immateriale dell’Umanità: https://youtu.be/32CsVhHxZPU

Fra le manifestazioni degli usi e costumi popolari della Sardegna la più significativa è quella che i pastori e i contadini della Barbagia chiamano  Mamuthones e   Issohadores (originari di Mamoiada), due figure che si esibiscono insieme ma sono ben distinte, caratterizzate sia dal diverso abbigliamento che dal modo di muoversi.

L’abbigliamento dei Mamuthones comprende l’abito in velluto scuro, la casacca di pelle ovina, le scarpe in pelle conciate a mano, sul volto porta una maschera nera antropomorfa e sul capo il berretto sardo ed il fazzoletto del vestiario femminile che avvolge la maschera e il berretto.

Sul dorso viene sistemato un pesante mazzo di campanacci di varia misura, legato da una serie di cinghie in cuoio con un complesso sistema di ancoraggio. Un altro carico più piccolo di campanelle bronzee è collocato sul davanti. Il peso complessivo di tutta l’attrezzatura si aggira intorno ai 25 chili.

Mamuthones vanno accompagnati dagli Issohadores, portatori di  soha,  una lunga fune in giunco.

L’abbigliamento degli Issohadores comprende sul capo il berretto sardo nero legato al mento da un fazzoletto colorato, larghi pantaloni e camicia di tela bianchi, sopraccalze di lana nera, il corpetto rosso del costume tradizionale maschile, a tracolla una cinghia in pelle e stoffa dove sono appuntati piccoli sonagli, uno scialle, di solito scuro e ricamato, legato alla vita con la parte variopinta che scende lungo la gamba sinistra.

La prima uscita annuale dei Mamuthones e Issohadores avviene il 17 gennaio, il giorno di Sant’Antonio: https://youtu.be/6hpvYmSrnW0

Non possiamo lasciare la Sardegna senza fare  un accenno alla sua cucina  che è molto varia e basata su ingredienti semplici, derivati sia dalla tradizione pastorale e contadina che da quella marinara: https://youtu.be/fFI0tNggxHY

LA MILLE MIGLIA

Quest’anno gli equipaggi partiranno da Brescia verso la costa Tirrenica per sostare a Viareggio, ripartendo il giorno successivo verso Roma. La terza tappa inizierà dalla Capitale verso nord per concludersi nel capoluogo Emiliano. La quarta e ultima tappa partirà da Bologna e arriverà fino a Brescia. Questo è il percorso previsto per la 1000 Miglia edizione 2021.

«Mille Miglia; qualcosa di non definito, di fuori dal naturale, che ricorda le vecchie fiabe che da ragazzi ascoltavamo avidamente, storie di fate, di maghi dagli stivali, di orizzonti sconfinati. Mille Miglia: suggestiva frase che indica oggi il progresso dei mezzi e l’audacia degli uomini. Corsa pazza, estenuante, senza soste, per campagne e città, sui monti e in riva al mare, di giorno e di notte. Nastri stradali che si snodano sotto le rombanti macchine, occhi che non si chiudono nel sonno, volti che non tremano, piloti dai nervi d’acciaio.»

Così  definì Giuseppe Tonelli su La Stampa il 27 marzo 1927 la competizione automobilistica stradale che si disputò tra il 1927 e il 1957, il cui nome deriva dalla lunghezza del percorso: circa 1600 chilometri, equivalenti a circa mille miglia imperiali.

Dopo il successo della prima gara si decise di ripeterla negli anni successivi, modificando il tracciato per farla passare in più città.

Il 1938  fu segnato da un grave incidente a Bologna in cui una delle macchine uscì di strada uccidendo dieci spettatori. Il capo del governo, Benito Mussolini, decise di non concedere più l’autorizzazione per svolgere gare di velocità su strade pubbliche.

Nel 1940, a guerra iniziata, si organizzò una nuova competizione chiamata “Gran Premio di Brescia delle 1000 Miglia”.

Tra il 1941 e il 1946, a causa della seconda guerra mondiale, non fu possibile organizzarla, e riprese soltanto nel 1947.

https://youtu.be/LQOgpnK6g8c

Juan Manuel Fangio, il pilota argentino, partecipò nel 1950 per la prima volta alla XVII edizione della 1000 Miglia: arrivò terzo, guidando in coppia con Augusto Zanardi un’Alfa Romeo 6C 2500 competizione coupé (2443 cm3).

https://youtu.be/ZpWe1SYHZkA

Fangio partecipò anche alla XX edizione del 1953 guidando in coppia con Guido Sala un’Alfa Romeo 6C 3000 CM berlinetta Colli (3595 cm3), raggiungendo il secondo posto nella classifica finale.

Suo fu il secondo posto nel 1955  nella XXII edizione della gara, guidando una Mercedes-Benz 300 SLR spyder (2982 cm3).

Dal 1977 la Mille Miglia diventa una gara di regolarità storica a tappe alla quale è consentita la partecipazione soltanto di vetture prodotte entro il 1957.

Nel 2020, nonostante la pandemia,  si svolse la 38a. edizione della gara nel mese di ottobre e fu vinta da Roberto e Andrea Vesco (padre e figlio) alla guida di un’Alfa Romeo 6C 1750 GS Zagato del 1929.

https://youtu.be/965MBoOn9yY

Il Museo delle Mille Miglia, inaugurato nel 2004 a Sant’Eufemia (Brescia), ha lo scopo di far conoscere e ricordare le edizioni passate:

https://youtu.be/BwPA_vr9qeU

La 39a. edizione della 1000 Miglia 2021 si svolgerà dal 16 al 19 giugno 2021.

In attesa dell’inizio della competizione, godiamoci  uno dei tanti video promozionali della gara, che ha come colonna sonora il brano “Lo chiamavano King” di Luis Bacalov.

https://youtu.be/AFyx95RA_Vc

CAPRAIA

Siamo a Livorno (Toscana)  pronti per prendere il traghetto che ci porterà all’isola di Capraia, che fa parte dell’arcipelago toscano.

Il nome dell’isola deriva dalla presenza nell’antichità di capre selvatiche nel suo territorio, oggi ormai estinte.

Nel 2017 sono stati ritrovati frammenti di vasellame ed altri oggetti che permettono di supporre un probabile insediamento protostorico (II-I millennio avanti Cristo).

Nel VII secolo fu sicuramente base di approdo etrusca come le altre isole tirreniche e verso il 238 a.C. fu occupata dai Romani che ne fecero una base navale per combattere la pirateria cartaginese.

Nel IV secolo si rifugiarono a Capraia alcuni cristiani anacoreti durante le persecuzioni  e nel V secolo una comunità di monaci detti “Zenobiti” eresse il Monastero di Santo Stefano.

Nel IX secolo ci furono sanguinose razzie dei pirati saraceni e l’isola fu abbandonata dai suoi abitanti.

https://youtu.be/6ymCkOd9B_Q

L’imperatore Ottone I la concesse in feudo a Pisa nel 962 e, più tardi, nel 1055 fu conquistata dai pirati saraceni, poi dominata nuovamente dai Pisani ed in seguito passò sotto l’orbita di Genova che dal 1540 costruì la fortezza di San Giorgio con tre torri di avvistamento per controllare la pirateria.

L’isola fu legata amministrativamente alla Corsica, ma rimase  un possedimento genovese fino al 1805 in cui tornò sotto il governo francese.

Dopo l’annessione dell’ex Repubblica di Genova al Regno di Sardegna vi fu istituito il porto franco e una manifattura di tabacchi (1837).

Dal 1873 al 1986 è stata sede di una colonia penale che provocò l’emigrazione della popolazione autoctona.

Con la proclamazione del Regno d’Italia fece parte della provincia di Genova fino al 1925 quando passò alla provincia di Livorno.

https://youtu.be/yAuWSbQ-n5A

Dal 1996 fa parte del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, il cui obiettivo è quello di preservare la flora e la fauna locale.

https://youtu.be/k50VxQjDRH4

 

SCOPELLO/TRAPANI/SEGESTA/ERICE

Sicilia… provincia di Trapani …Castellammare del Golfo e … finalmente si arriva  a una piccola frazione chiamata Scopello.

Probabilmente deve il suo nome ai faraglioni (in latino scopulus). Il primo insediamento risale all’età ellenistica e continuò in epoca romana e islamica.

L’attuale borgo risale al XVII secolo ed è diviso in due parti: un baglio del XVIII secolo, una piazzetta con la chiesa di Santa Maria delle Grazie ed alcune poche case: https://youtu.be/-8j_lahvWPk

La Tonnara di Scopello, affacciata sulle acque della Riserva dello Zingaro, è uno dei monumenti più importanti dell’industria peschiera della Sicilia.

Fu fondata probabilmente prima del XIII secolo, ma con il passaggio ai Sanclemente nel XV secolo, successivamente ai Gesuiti e poi alla famiglia Florio, assunse rilevanza territoriale.

Inizialmente la Tonnara era una piccola torretta a scopo difensivo della costa, ma nel 1468 con l’acquisizione da parte di Giovanni Sanclemente iniziò il suo uso  industriale.

E’ rimasta attiva fino alla fine degli anni ’70 e adesso è un edificio privato usato per varie attività.

E’ uno dei luoghi più visitati dell’estate in Sicilia anche perché a ridosso della Tonnara c’è una piccola spiaggia, meta dei turisti.

https://youtu.be/ZqXorAR_mIs

Torniamo a Trapani, fondata probabilmente dagli Elimi, un popolo che si era stanziato nella Sicilia occidentale in epoca protostorica, a visitare il suo centro storico: https://youtu.be/6MaXOiY4EFw

Trapani ha sviluppato nel tempo una fiorente attività economica legata all’estrazione e al commercio del sale, approfittando della sua posizione proiettata sul Mediterraneo e del suo porto, antico sbocco commerciale per Eryx (l’attuale Erice): https://youtu.be/T7OkCvy3z9Y

Da Trapani andare a Segesta è quasi d’obbligo.

La data della sua fondazione non è conosciuta, ma da alcuni documenti risulta che la città era abitata nel IX secolo a.C.

La vecchia città sorge sul Monte Barbaro e custodisce all’interno del parco archeologico un teatro di età ellenistica, in parte scavato nella roccia della collina: https://youtu.be/z7OxH_s_b6o

Ed anche un tempio in stile dorico: https://youtu.be/0LvFCYB2Xko

A 40 km. arriviamo all’ultima tappa di questo nostro viaggio: Erice.

Arroccato sui pendii del Monte San Giuliano, a 750 metri sul livello del mare, Erice è un piccolo borgo in pietra dove il tempo sembra essersi davvero fermato: https://youtu.be/wmm7Eug_YXk

Secondo Tucidide Erice fu fondata dagli esuli troiani che, fuggendo nel mar Mediterraneo, avrebbero trovato il posto ideale per insediarsi. E, sempre secondo Tucidide, i troiani si sarebbero uniti alla popolazione locale dando vita al popolo degli Elimi.

Erice fu contesa dai Siracusani e Cartaginesi sino alla conquista da parte dei Romani nel 244 a.C.: https://youtu.be/GLJ0y_TjrkQ

COLLODI

Pescia è distante 32 km circa da Pistoia (di cui è parte della provincia) e 29 km da Lucca. Ovviamente siamo in Toscana. Ci spostiamo soltanto 3 km e arriviamo a Collodi.

La storia di Collodi è strettamente legata al nome della famiglia Garzoni, le cui vicende si inseriscono nella controversia tra Guelfi e Ghibellini.

La famiglia Garzoni apparteneva ai Ghibellini ed ebbe come storica rivale la città di Firenze, notoriamente Guelfa: https://youtu.be/9r1wq_1lNGA

Carlo Lorenzini, più noto come Carlo Collodi, è nato a Firenze nel 1826: il padre era cuoco e la madre sarta e cameriera, entrambi al servizio dei marchesi Ginori, i quali aiutarono Carlo negli studi.

Nel 1844 incominciò a lavorare nella libreria Piatti di Firenze e l’anno successivo ottenne una dispensa ecclesiastica che gli permise di leggere i libri messi all’indice dei libri proibiti.

Cominciò a scrivere articoli per alcune riviste e fondò un giornale umoristico-politico che fu soppresso nel 1849.

Del 1856 sono alcune delle sue opere più importanti e nel 1881 uscì la prima puntata de Le avventure di Pinocchio sul periodico per l’infanzia “Giornale per i Bambini”, con il titolo “Storia di un burattino”.

Nel 1883 pubblicò Le avventure di Pinocchio raccolte in un volume e nel 1890, all’apice del suo successo, Carlo Collodi morì.

Il romanzo, che ha venduto più di 80 milioni di copie in tutto il mondo, è diventato un cartone animato di Walt Disney: https://youtu.be/P67E4PbJd2Q

Ed è approdato anche al cinema: https://youtu.be/ULGzReaH8RY

La Fondazione Nazionale Carlo Collodi promuove la cultura dei bambini e per i bambini a partire da Le avventure di Pinocchio e realizzò la parte originaria del Parco di Pinocchio: https://youtu.be/yK2R0lHCPnQ

SAN GIMIGNANO

Geminiano, santo vescovo di Modena,  di famiglia romana, visse tra il 312 e il 397. Il suo impegno, assieme ad altri vescovi della Romagna, fu quello di combattere l’eresia ariana molto diffusa in quella zona.

La festa liturgica si celebra il 31 gennaio: ogni anno in quella giornata viene esposto il corpo del Santo nella cripta del duomo di Modena.

 

Secondo la tradizione, il nome di San Gimignano derivò da quello del santo, che avrebbe difeso il villaggio dall’occupazione di Attila.

Siamo in provincia di Siena, in Toscana. San Gimignano sorge su un luogo abitato sicuramente dagli etruschi: il colle era stato scelto per questioni strategiche, essendo dominante sull’alta Val d’Elsa.

https://youtu.be/sMSFWUEbH5A

 

Nel Medioevo la città si trovava su una delle direttrici della via Francigena che l’arcivescovo di Canterbury Sigerico percorse di ritorno da Roma verso l’Inghilterra.

Nel 1199 il paese guadagnò la propria indipendenza comunale rispetto ai vescovi di Volterra. Nonostante le lotte intestine tra guelfi e ghibellini, nel XIII secolo, sotto i ghibellini, godette del periodo di maggior splendore economico, che si basava sul commercio dei prodotti agricoli locali, tra cui lo zafferano, venduto in Italia e anche all’estero.

Come in altri centri toscani, in questo periodo si diffuse anche la speculazione finanziaria e l’usura.

Ed ecco che entra in scena Dante Alighieri che viene ospitato a San Gimignano nel maggio 1300 come ambasciatore della Lega Guelfa in Toscana.

Per capire meglio questa presenza, il Prof. Alessandro Barbero ci spiega brevemente il rapporto di Dante con la politica: https://youtu.be/maoTZ27HKfE

 

Il Trecento fu un secolo di crisi che colpì San Gimignano con la peste nera e la carestia del 1348 che decimò la popolazione.

Nel 1351 la città rinunciò alla propria autonomia e si consegnò spontaneamente a Firenze.

Ciònonostante il XIV e XV secolo furono molto importanti dal punto di vista artistico grazie alla presenza di numerosi maestri fiorentini e senesi chiamati dagli ordini religiosi ad abbellire i propri possedimenti.

 

E’ giunto il momento di visitare la Basilica Collegiata di Santa Maria Assunta, conosciuta come il Duomo di San Gimignano:

https://youtu.be/c5Q0WQ3-dD0

 

San Gimignano è famosa soprattutto per le torri medievali che svettano sul suo panorama: delle 72 torri e case-torri esistenti nel periodo d’oro, oggi ne restano quattordici. La più alta è la Torre del Podestà, eretta nel secolo XIII, di quasi 52 metri: https://youtu.be/-GufMggR8rg

 

Abbiamo citato prima lo zafferano come uno dei prodotti agricoli d’eccellenza del posto, ma non lo è da meno la Vernaccia di San Gimignano, vino bianco, asciutto e armonico.

L’origine del nome Vernaccia è incerto: probabilmente proviene dal latino vernaculum (del posto) oppure da Verno, gelido. Un’altra ipotesi sostiene che deriva dal toponimo Vernazza, un borgo delle Cinque Terre dove si produceva un vino dallo stesso nome sin dal Medioevo.

Ad ogni modo, si tratta di un vino che ha origini molto lontane. Infatti vari documenti indicano l’inizio della sua produzione intorno al 1200.

https://youtu.be/DJhERaIeZlQ

 

Per la caratteristica architettura medievale del suo centro storico San Gimignano è stato dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO:

https://youtu.be/qHz0aJhHRVQ

 

ERCOLANO

Ercolano (anticamente Herculaneum) è un comune della città di Napoli.

Secondo le varie leggende,  Ercolano venne fondata da Ercole nel 1243 a.C.; per altri  furono gli Osci a fondarla nel XII secolo a.C. oppure gli Etruschi tra il X e l’VIII secolo a.C.

Conquistata dai Greci nel 479 a.C., passò successivamente prima sotto il dominio dei Sanniti e poi sotto quello dei Romani nell’89 a.C., diventando luogo residenziale per l’aristocrazia romana e visse il suo periodo di massimo splendore grazie al tribuno Marco Nonio Balbo.

https://youtu.be/wJAjhqlxFAI

Dopo la terribile eruzione del 79 a. C. la vita riprese lentamente sull’area colpita e già nel 121 d.C. si ha notizia della riattivazione dell’antica via litoranea che da Napoli conduceva a Nocera.

Nel Medioevo Ercolano fu denominata Resina.

L’origine del nome è molto controversa: alcuni l’attribuiscono alla corruzione del nome Rectina, patrizia romana che possedeva una villa ad Ercolano e che chiese soccorso a Plinio il Vecchio in occasione dell’eruzione; altri sostengono che il nome discenda da retincula, cioè le reti utilizzate dai pescatori di Ercolano, oppure dalla resina degli alberi dei boschi cresciuti sulle antiche lave, o dal nome del fiume che scorreva ai margini di Ercolano. Infine ci sono coloro che vedono in Resina l’anagramma di sirena, visto che una sirena è stato il simbolo del casale e del Comune fino al 1969.

Nel 1631 il Vesuvio si risvegliò nuovamente e devastò il territorio circostante Resina mietendo quattromila vittime nelle vicine Portici e Torre del Greco.

Gli scavi archeologici di Ercolano hanno restituito i resti dell’antica città, seppellita sotto una coltre di ceneri, lapilli e fango durante l’eruzione del ’79, assieme a Pompei, Stabia e Oplonti.

https://youtu.be/Ck0PZPCt6cA

Negli anni dell’immediato dopoguerra, come tutta la fascia costiera vesuviana, Resina fu interessata da una massiccia espansione urbanistica nonostante i rischi derivanti dall’attività del Vesuvio che, pur trovandosi in uno stato dormiente dopo l’ultima eruzione del 1944, resta un vulcano attivo.

Il 12 febbraio 1969 il Presidente della Repubblica decretò il cambio di toponimo da Resina ad Ercolano.

https://youtu.be/jOY8t-rT-Qg

Ritrovata casualmente a seguito degli scavi per la realizzazione di un pozzo nel 1709, le indagini archeologiche a Ercolano cominciarono nel 1738 per protrarsi fino al 1765; ripresero nel 1823 e si interruppero nuovamente nel 1875, fino a uno scavo sistematico promosso da Amedeo Maiuri a partire dal 1927.

La maggior parte dei reperti rinvenuti sono ospitati al Museo Archeologico Nazionale di Napoli.

Nel 1997 gli Scavi di Ercolano sono inclusi nella lista del Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO.

https://youtu.be/ygw921Etz5I

SANREMO E LA RIVIERA LIGURE

Per Riviera ligure si intende il tratto di costa marina che si affaccia sul mar Ligure e si estende dal Principato di Monaco a Capo Corvo, in provincia di La Spezia.

Genova-Voltri è il punto in cui convergono la Riviera di Levante ad est e la Riviera di Ponente ad ovest (per chi non lo sapesse, Voltri è un quartiere alla periferia occidentale di Genova).

Nella Riviera di Levante, caratterizzata da spiagge con sabbia frammista a sassi e scogliere a picco sul mare, si trovano Camogli, Portofino, il golfo del Tigullio e le Cinque Terre.

Ma il nostro viaggio virtuale di oggi ci porterà nella Riviera di Ponente, ricca di spiagge sabbiose e fondali profondi, per visitare alcune delle sue località balneari.

Partiamo da est verso ovest e troviamo ALASSIO, detta anche la città degli innamorati.

La sua fondazione risalirebbe tra il X e l’XI secolo. Il feudo fu in possesso dei monaci benedettini  dell’abbazia di San Martino dell’isola Gallinara dall’XI secolo.

Nel 1540, quando la repubblica genovese  incentivò gli scambi commerciali con  Francia, Spagna, Portogallo, Sicilia, Sardegna e  Paesi Bassi,  Alassio divenne un importante centro commerciale: fu particolarmente attiva la raccolta e il commercio del corallo rosso.

Verso la fine del XIX secolo, così come altri comuni delle due riviere liguri, registrò una cospicua presenza di villeggianti di nazionalità inglese che contribuirono allo sviluppo economico cittadino.

Nel 1912 si inaugurò il Casinò municipale che fu abbattuto nel 1936 per creare piazza Littorio (attualmente Piazza Partigiani).

Nel periodo del boom economico, anni ’50 e ’60, fu località alla moda insieme a Portofino e Sanremo: https://youtu.be/Qp2xXwzvbl8

Proseguiamo il nostro viaggio fino alla Città dei Fiori, cioè Sanremo, rinomata per la coltivazione dei fiori.

Sanremo non è conosciuta soltanto per i fiori, ma anche perché ospita l’arrivo della corsa ciclistica Milano-Sanremo, il Festival della Canzone Italiana, il Premio Tenco, il rally di automobilismo ed è inoltre sede dei tre casinò presenti in Italia.

Anche se a Sanremo sono stati ritrovati resti di insediamenti risalenti al Paleolitico, il suo sviluppo avviene a partire dall’epoca romana e dal Medioevo la navigazione marittima divenne il suo punto d’orgoglio.

Il XVI secolo è il periodo in cui tutta la Riviera e la Costa Azzurra subiscono le incursioni saracene, che proprio a Sanremo saccheggiarono la città e depredarono la chiesa di San Siro.

La crescita dal punto di vista turistico iniziò nel 1864 quando la zarina Maria Aleksandrovna scelse Sanremo per “svernare” dando così inizio al turismo elitario della nobiltà russa.

Sempre a fine ‘800 la cittadina vide il passaggio dall’agricoltura basata sugli agrumeti, alla floricoltura.

All’inizio del ‘900 cominciarono a sorgere le strutture di intrattenimento più qualificate per l’èlite della Belle époque.

Con l’istituzione del Festival della Canzone Italiana, Sanremo divenne per il grande pubblico la cittadina frequentata da personaggi famosi e ciò contribuì ad incrementare il turismo e pertanto anche le attività ricreative e la speculazione edilizia degli anni ’60 e ’70.

Questo sviluppo smisurato è descritto in modo critico dallo scrittore sanremese Italo Calvino nel suo breve romanzo “La speculazione edilizia”.

https://youtu.be/z1qxmIJufVo

“Poche case ammucchiate sopra un’altura che formano un labirinto di vicoli in salita e discesa, dove spira l’uggia della fortezza antica eretta in difesa dei Saraceni”, queste le parole di Edmondo De Amicis per descrivere la Città Vecchia di BORDIGHERA.

Il borgo nacque nel secolo V a.C. grazie ai liguri che si dedicarono all’agricoltura e alla pastorizia.

In epoca romana fu aperta la Via Julia Augusta per collegare la Liguria alla Gallia, lungo il percorso dell’attuale Via Aurelia.

Anche per Bordighera l’800 fu l’epoca d’oro, grazie al romanzo “Il dottor Antonio” di Giovanni Ruffini che fu pubblicato a Edimburgo nel 1855 e suscitò l’interesse degli inglesi per la città.

Nel 1860 aprì il primo albergo, Hotel d’Angleterre (oggi Villa Eugenia) e nel 1861 accolse il Primo Ministro inglese John Russell, I conte di Russell.

Bordighera fu anche lo scenario scelto il 12 febbraio 1941 per l’incontro tra Benito Mussolini e il caudillo Francisco Franco per discutere l’entrata in guerra della Spagna accanto all’Asse.

https://youtu.be/0kEg6bTK76g

PROCIDA, CITTÀ DELLA CULTURA 2022

Una splendida notizia: l’isola di Procida è stata nominata lo scorso 18 gennaio Capitale italiana della cultura per il 2022.

Procida è un comune italiano della città di Napoli che intorno al secolo VIII a. C. fu abitata da coloni Calcidesi, ai quali subentrarono in seguito i greci.

Durante la dominazione romana, Procida divenne sede di ville e di vari insediamenti sparsi sul territorio e probabilmente fu luogo di villeggiatura dei patrizi romani e di coltura della vite.

Dopo la caduta dell’Impero romano d’Occidente subì le invasioni dei Vandali e dei Goti, e più tardi diventò dominio feudale con la conquista normanna del meridione d’Italia. La famiglia di origine salernitana dei Da Procida la controllò per oltre due secoli.

Nel 1339 l’ultimo discendente dei Da Procida vendette il feudo alla famiglia napoletana dei Cossa, fedeli alla dinastia francese dei D’Angiò.

Durante la dominazione di Carlo V a Napoli l’isola fu confiscata ai Cossa e concessa in feudo alla famiglia dei d’Avalos d’Aquino d’Aragona (1529), fedeli alla casa d’Asburgo.

Ma nel 1548 l’isola fu nuovamente devastata e nel XVII secolo venne occupata dalla flotta francese  comandata da Tommaso Francesco di Savoia.

Con l’avvento dei Borbone nel Regno di Napoli ebbe un miglioramento delle sue condizioni socio-economiche e nel 1744 Carlo III estinse la feudalità e inserì Procida tra i beni della corona, facendone una sua riserva di caccia.

Tra di voi ci sarà sicuramente chi l’ha visitata e chi ancora lo deve fare (e merita): https://youtu.be/8U-TBEMtjOk

Procida divenne la scena della sesta novella della quinta giornata del Decameron di Giovanni Boccaccio, e fu descritta in epoca classica da Giovenale, da Stazio e da Virgilio.

Nel XX secolo è celebre nell’opera di Elsa Morante “L’isola di Arturo” ed è stata scelta come set cinematografico per molti film, tra i quali “Il talento di Mr Ripley” con Matt Damon, “Francesca e Nunziata” con Sophia Loren e Giancarlo Giannini e “Il postino” con Philippe Noiret e Massimo Troisi: https://youtu.be/6mtyQreYaqI

IL QUARTIERE COPPEDÈ

C’è un angolo di fantastica creatività che si trova nel quartiere Trieste nella zona Nomentana, tra Piazza Buenos Aires e Via Tagliamento, non lontano dal “centro città” di Roma: è il quartiere Coppedè, che prende il nome dal suo creatore, l’eclettico e altamente creativo architetto, Gino Coppedè.

Questo complesso architettonico che  comprende 26 palazzi e 17 case a schiera, indipendenti, sviluppate intorno a Piazza Mincio, è un trionfo del Liberty (così viene chiamato l’Art Nouveau in Italia) e dell’Art Déco, con accenni di barocco, gotico, classico e medievale.

Creato tra il 1913 e il 1926, il quartiere Coppedè racchiude in sé quella necessità di sorprendere e quel mix di forme, parole, colori e significati segreti che era così tipico dell’arte all’inizio del XX secolo.

Prima ancora della sua bellezza e della sua eleganza, Coppedè colpisce per la sua magia: da via Dora l’accesso avviene camminando sotto un arco monumentale sormontato da un mascherone che unisce due edifici noti come Palazzi degli Ambasciatori e appeso all’arco d’ingresso,  all’aperto,  troviamo il grande lampadario in ferro battuto.

https://youtu.be/5n1-be5DmpU

La magia del quartiere Coppedè si accentua all’imbrunire, quando cala il sole e si accendono i fanali ed il lampadario: https://youtu.be/uhyG7ryrI4g

LA COSTIERA AMALFITANA

Oggi poche parole e molte immagini perché andremo a percorrere la

Costiera Amalfitana… si parte!

Dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO nel 1997, la Costiera Amalfitana è il tratto di costa campana del mar Tirreno che si affaccia sul golfo di Salerno, delimitato ad ovest da Positano e ad est da Vietri sul Mare.

La bellezza della costiera fu scoperta nell’Ottocento durante il Grand Tour.

https://youtu.be/YkWlNJNsR4E

La cattedrale di Sant’Andrea, principale luogo di culto cattolico di Amalfi, si trova in piazza Duomo nel centro della città: https://youtu.be/eNGiwjn35Ow

Fa parte della tradizione di Amalfi  “la corsa di Sant’Andrea” che si ripete due volte l’anno: il 27 giugno in occasione della festa estiva in ricordo del miracolo che il Santo compì allontanando i pirati dal mare che bagna Amalfi, e il 30 novembre in occasione della festa patronale.

La processione, dopo aver attraversato la città accompagnata dai fedeli e dalla banda musicale, si conclude con la celebre corsa dei portatori con la statua del santo su per la scalinata della cattedrale di Sant’Andrea:  https://youtu.be/xvbvYh7hzQc

Facciamo pochi chilometri e arriviamo a Vietri sul Mare, denominata Prima Perla della Costiera Amalfitana.

La sua storia fino al 1806 è stata associata a quella di Cava de’ Tirreni, di cui era frazione. Marina di Vietri era usata dai monaci della Badia come porto commerciale per gli scambi con le zone a sud di Salerno.

https://youtu.be/VltYfAZGzjA

La tradizione racconta che Ravello, come tutti gli altri centri della Costiera Amalfitana, risale all’arrivo di un gruppo di nobili romani, giunti  in seguito al naufragio della propria nave lungo le coste della Dalmazia, avvenuto mentre si recavano a Costantinopoli.

La storia di Ravello è più documentata a partire dalla creazione della Repubblica di Amalfi nell’839: https://youtu.be/Bi2957jd4ro

Non possiamo lasciare Ravello senza partecipare al tradizionale rito della musica che segna il passaggio dalla notte al giorno, cioè al “Concerto all’alba”, che ci regala l’emozione del lento apparire della luce e poi del sole che fa capolino dai monti che incorniciano il golfo:

https://youtu.be/djT-DVYAcCE

TRIESTE E LA BARCOLANA

Trieste, capoluogo della regione Friuli-Venezia Giulia, rappresenta da secoli un ponte tra l’Europa occidentale e quella centro-meridionale, mescolando caratteri mediterranei, mitteleuropei e slavi.

La città, il cui porto è uno dei più importanti del sud Europa,  ospita dal 1969 la Barcolana, storica regata velica internazionale, nata per iniziativa della Società Velica di Barcola e Grignano, che si tiene ogni anno nel Golfo di Trieste la seconda domenica di ottobre.

Prima di parlare della regata, facciamo una rapida visita alla città di Trieste per capirne anche lo spirito.

https://www.youtube.com/watch?v=cb6X97qXOdE

La regata si svolge su un percorso di circa 15 miglia con linea di partenza fissata tra il Castello di MIramare e la sede della predetta società velica e linea di arrivo nel tratto di mare antistante Piazza Unità d’Italia.

Alla prima edizione della regata parteciparono  51 imbarcazioni, tutte di circoli velici triestini, ma la popolarità dell’evento è cresciuta anno dopo anno e attualmente vi prendono parte circa 25.000 velisti da tutto il mondo e coinvolge tutta la città attraendo molti turisti.

https://www.youtube.com/watch?v=H6PQs5QbBuE

Ormai la manifestazione è diventata così importante che negli ultimi anni si svolgono diverse regate ed esibizioni collaterali:

  • Barcolana Young per gli atleti dagli 8 a 15 anni;

  • Barcolana Classic dedicata alle barche d’epoca;

  • Barcolana by Night che si svolge di notte di fronte alla Piazza Unità d’Italia;

  • Barcolana FUN che ospita kitesurf, foil, windsurf;

  • Barcolana Nuota che è una gara di nuoto;

  • Villaggio Barcolana con stand enogastronimici ed esposizione di materiali tecnici

  • Barcolana Un Mare di Racconti, festival letterario a tema marittimo.

 

LA GRANDE MOSCHEA DI ROMA

La storia dell’Islam in Italia incomincia quando la Sicilia rimase sotto il dominio musulmano tra l’827 e il 1091.

In epoca moderna, negli anni ’60 arrivano in Italia i primi studenti da Siria, Giordania e Palestina e negli anni ’70 i primi immigrati musulmani dal Nord Africa, principalmente dal Marocco.

Un’altra ondata ci fu negli anni novanta con l’arrivo degli albanesi e, più recentemente, dei tunisini, senegalesi ed egiziani.

Ci sono tantissimi luoghi di culto islamico in Italia e le moschee ufficiali sono a Catania, Segrate, Palermo, Roma, Albenga, Torino, Ravenna, Colle Val d’Elsa e Forlì.

La storia dell’Islam in Italia è un argomento da approfondire in altra sede. Noi qui ci occuperemo soltanto degli aspetti architettonici ed artistici di un importante luogo di culto.

Su 30.000 m2 di terreno, ai piedi dei monti Parioli nella zona nord della città, nel 1995 fu inaugurata  la Grande Moschea di Roma, opera dell’architetto Paolo Portoghesi, voluta e finanziata da re Faysal dell’Arabia Saudita.

https://www.youtube.com/watch?v=JUrlUxpE1ZA

Il progetto architettonico cerca un incontro con la storia e la tradizione locale, ad esempio attraverso l’utilizzo di materiali che generano colori tipicamente romani, come il travertino e il cotto rosato: https://www.youtube.com/watch?v=pmYclAH6MGU

CIVITA DI BAGNOREGIO

Civita di Bagnoregio, definita  “la città che muore” dallo scrittore Bonaventura Tecchi che vi trascorse la sua giovinezza.

E’ una frazione di pochissimi abitanti in provincia di Viterbo, nel Lazio, situata tra il lago di Bolsena e la valle del Tevere: https://www.youtube.com/watch?v=AiRbDmwCs-0

E’ stata fondata 2500 anni fa dagli Etruschi che misero in atto alcune opere per proteggerla dai terremoti e dagli smottamenti, arginando fiumi e costruendo canali di scolo per il corretto deflusso delle acque piovane.

I Romani nel 265 a.C. ripresero queste opere ma dopo di loro furono trascurate ed il territorio subì un rapido degrado.

Anticamente si accedeva da cinque porte, ma oggi la porta chiamata Santa Maria è quella principale e la città è raggiungibile solo attraverso un ponte pedonale costruito nel 1965 (Ponte del Diavolo) che può essere percorso soltanto a piedi.

La struttura urbanistica del paese è di origine etrusca, ma il rivestimento architettonico è medievale e rinascimentale.

Il vecchio paese è molto suggestivo ed è meta di numerosi turisti. Viene utilizzato spesso come set cinematografico, da ricordare una scena dei film “Amici miei”  e de “L’Armata Brancaleone”, entrambi di Mario Monicelli, oltre ad altri film più recenti.

Civita di Bagnoregio diede i natali a Giovanni Fidanza che poi divenne San Bonaventura, di cui si conservano i resti della sua casa natale ed essendo il Santo Patrono del paese viene ricordato in ogni modo come dimostrato in questo video: https://www.youtube.com/watch?v=dNVR0WTxm8E.

LE CINQUE TERRE

Monterosso al Mare, Vernazza, Corniglia, Manarola e Riomaggiore sono i cinque borghi che costituiscono il territorio conosciuto come Le Cinque Terre, che fanno parte di un tratto di costa della Riviera ligure di Levante in provincia di La Spezia.

Si tratta di antichi villaggi di pescatori caratterizzati da case colorate e da vigneti aggrappati ai ripidi terrazzamenti ricavati sulla costa.

Le prime testimonianze della presenza umana nelle Cinque Terre risalgono al Paleolitico. Più tardi, le cronache militari romane testimoniano come le tribù liguri rappresentassero allora un forte ostacolo alla romanizzazione del territorio.

I borghi delle Cinque Terre, così come li conosciamo oggi, hanno avuto origine nel XI secolo quando le popolazioni della Val di Vara andarono ad abitare permanentemente sul litorale marino formando i cinque paesi.

Da quanto il territorio delle Cinque Terre fu inserito tra i possedimenti genovesi, esso seguì la storia della Repubblica di Genova.

Dal 1997 anche le Cinque Terre fanno parte della lista dei Patrimoni dell’Umanità dell’UNESCO.

Le Cinque Terre, inoltre, sono state di ispirazione per molti letterati tra cui Boccaccio, Petrarca ed Eugenio Montale.

Dante paragona l’aspro paesaggio alla rupe del Purgatorio (III, 49):

 

Tra Lerice e Turbia la più diserta,

la più rotta ruina è una scala,

verso di quella, agevole e aperta

Mentre Miguel de Cervantes cita il vino delle Cinque Terre in una delle sue “Novelas Ejemplares”.

E adesso una gita virtuale che vi invoglierà a visitare questo territorio in un prossimo viaggio in Italia: https://www.youtube.com/watch?v=v_d4E_Q5HWI

LA VIA FRANCIGENA

Il percorso di oggi lungo la Via Francigena è la rivisitazione di uno dei pellegrinaggi dei cristiani del Medioevo insieme alla Terra Santa e a Santiago di Compostela.

La Via Francigena è parte di un fascio di percorsi che dall’Europa occidentale, in particolare dalla Francia, conducevano nel Sud Europa fino a Roma per visitare la tomba dell’Apostolo Pietro, poi proseguivano verso la Puglia per imbarcarsi per la Terra Santa, meta di pellegrini e di crociati (v. mappa in allegato).

Ecco a voi una breve introduzione prima di intraprendere questo percorso così particolare: https://www.youtube.com/watch?v=BTMUlqwshW4.

La prima descrizione di questo percorso risale al X secolo ed è la relazione che fece il vescovo Sigerico del ritorno dal suo pellegrinaggio da Roma –  dove si era recato per essere ricevuto dal Papa ed ottenere il “pallium” – verso Canterbury sulla Via Francigena.

E’ una delle testimonianze più significative, ma non esaurisce le difficoltà a cui doveva far fronte il pellegrino durante il suo viaggio a seconda della stagione e della situazione politica dei territori attraversati.

La Via Francigena è attualmente meta di turisti che hanno così la possibilità non solo di visitare gli stessi luoghi dei pellegrini medievali, ma anche di cogliere lo spirito con cui si intraprendeva questo lungo viaggio: https://www.youtube.com/watch?v=iv06aurNkDw.

BOMARZO

Dire Bomarzo in Argentina riporta subito alla memoria il romanzo scritto da Manuel Mujica Láinez nel 1962, che l’autore dedicò al pittore Miguel Ocampo ed al poeta Guillermo Whitelow, amici con i quali aveva visitato Bomarzo nel 1958.

Il romanzo si centra sulla vita del Duca Pier Francesco Orsini, detto Vicino, e la trama si svolge nell’ambiente tragico e sensuale del Palazzo Orsini e del Parco dei Mostri di Bomarzo. Nel 1963 l’autore ricevette il Gran Premio Nazionale di Letteratura.

Qualche anno dopo, il celebre compositore argentino Alberto Ginastera compose l’opera lirica in due atti “Bomarzo”, il cui libretto è basato sull’omonimo romanzo.

L’opera è stata presentata in anteprima mondiale all’”Opera Society” di Washington nel 1967 e alla “New York City Opera” nel 1968. Era stata programmata la sua presentazione in Argentina per il 4 agosto 1967 al Teatro Colón di Buenos Aires, ma l’allora Presidente di fatto Gen. Juan Carlos Onganía, vietó la produzione contestando il contenuto sessuale della storia.

Quindi, la prima esibizione di “Bomarzo” dovette attendere fino al 1972 in cui il Gen. Lanusse (allora Presidente di fatto) l’autorizzò, e la rappresentazione ebbe luogo al Teatro Colón alla presenza del compositore.

Non bisogna però dimenticare che all’origine di tutta questa vicenda c’è Bomarzo, un piccolo comune italiano della provincia di Viterbo,  con 1756 abitanti, situato a nord del Lazio e che dista da Roma 94 km. circa.

Nonostante dagli inizi dell’Ottocento  siano stati  molti i ritrovamenti archeologici, le origini dei suoi primi abitanti rimangono nel mistero. L’unico fatto certo è che il territorio è stato popolato sia dagli etruschi che dai romani, che lo conquistarono intorno al V secolo a.C. Di quei tempi rimangono la Piramide Etrusca, le necropoli ed i ruderi di un acquedotto romano.

Ecco a voi un video in cui percorrerete l’autostrada A1, chiamata anche Autostrada del Sole, che collega Milano a Napoli passando per Bologna, Firenze e Roma nei suoi 760 km. Uscirete ad Orte e da lì arriverete a Bomarzo. Un breve giro del paese e poi un’interessante visita al Parco dei Mostri ed alcuni dintorni:

https://www.youtube.com/watch?v=YO2_kNaR9WE

LE REPUBBLICHE MARINARE

Facciamo un mini tour per visitare le Repubbliche Marinare.

L’espressione  Repubbliche Marinare è nata nell’Ottocento e si riferisce ad alcune città portuali italiane che, a partire dal Medioevo godettero di autonomia politica e di prosperità economica grazie alle proprie attività marittime.

In genere, quando si parla delle Repubbliche Marinare, ci si riferisce a quattro città italiane: Amalfi, Genova, Pisa e Venezia, i cui stemmi sono riportati dal 1947 nelle bandiere della Marina Militare e della Marina Mercantile, nonostante ci siano state anche delle altre meno note.

Nel IX e X secolo il fenomeno delle repubbliche marinare ebbe inizio con Amalfi e Gaeta. Dopo l’XI secolo iniziarono il loro declino mentre Genova e Venezia erano le più potenti, seguite da Pisa, e continuarono a dominare la navigazione anche dopo il XIV secolo.

Gli elementi che caratterizzarono queste città furono:

  • l’indipendenza (de iure o de facto);

  • autonomia, economia, politica e cultura basate essenzialmente sulla navigazione e sugli scambi marittimi;

  • il possesso di una flotta di navi;

  • la presenza nei porti mediterranei di propri consoli;

  • la presenza nel proprio porto di consoli di città marinare mediterranee;

  • l’uso di una moneta propria accettata in tutto il Mediterraneo e di proprie leggi marittime;

  • la partecipazione alle crociate e/o alla repressione della pirateria.

Nel 1955, per rievocare le gesta delle quattro repubbliche marinare più famose le amministrazioni comunali di Venezia, Genova, Amalfi e Pisa decisero di istituire la “Regata delle Antiche Repubbliche Marinare”, che è una competizione di canottaggio preceduta da un corteo storico, che si svolge ogni anno tra la fine di maggio e l’inizio di luglio ed è ospitato a rotazione nelle suddette città.

Ecco a voi un brevissimo filmato della sfilata del corteo storico a Venezia  nel 2019:

https://www.youtube.com/watch?v=EFphKt6B4cM

E qui di seguito la Regata, sempre del 2019, in cui potrete apprezzare anche la splendida città di Venezia che fa da cornice alla competizione:

https://www.youtube.com/watch?v=Hw-J5qIoDSQ

Vi lascio un link di un video in cui potrete visitare le quattro Repubbliche Marinare ed apprezzare i luoghi che hanno fatto la loro storia a confronto con la modernità odierna:

https://youtu.be/j77LwxXZMV8

MARSALA

Vi propongo di fare un brindisi virtuale molto italiano, anzi siciliano, con un bel bicchierino di Marsala e, magari, se li avete a portata di mano, qualche amaretto per accompagnare! Cin cin!

La storia di questo vino liquoroso risale al Settecento quando il mercante inglese John Woodhouse arrivò in Sicilia con lo scopo di inserirsi nel commercio del vino, dell’olio e di altri prodotti locali molto richiesti in Inghilterra.

Woodhouse ritenne che il vino prodotto dai contadini locali fosse di buona qualità e decise di portarlo in Inghilterra. Prima, però, gli aggiunse una  dose di acquavite per aumentarne il grado alcolico e per preservarlo da eventuali alterazioni durante il lungo viaggio.

Questo vino siciliano sconosciuto ebbe un grandissimo successo tra i suoi connazionali, ai quali ricordava i più apprezzati vini spagnoli di Jerez o quelli portoghesi di Madeira.

Quindi, tornato in Sicilia, Woodhouse decise di iniziarne la produzione e la commercializzazione utilizzando per l’affinamento il “metodo soleras” usato in Spagna e in Portogallo, che consisteva nel disporre delle botti di rovere su alcune file sovrapposte, iniziando a riempire di vino solo le botti più in alto; dopo un anno una parte del vino veniva travasato nelle botti che si trovavano al livello inferiore, e quelle superiori venivano riempite con il nuovo vino, ed il procedimento si ripeteva di anno in anno; in tale maniera il vino che si trovava nelle botti alla base, pronto per il consumo, risultava composto da uve di annate diverse, e di anno in anno si arricchiva di particolari sapori.

Un manoscritto datato 19 marzo 1800 con le firme dell’ammiraglio Nelson e di John Woodhouse è forse il primo contratto in cui ci si impegna a fornire questo vino alla flotta di Sua Maestà Britannica.

Qualche anno dopo, nel 1812, sbarcò in Sicilia un altro uomo d’affari inglese Benjamin Ingham, il quale si dedicò anche lui alla produzione di questo vino.

La svolta italiana fu nel 1832 quando l’imprenditore Vincenzo Florio iniziò insieme a suo figlio la produzione di vino Marsala in concorrenza con le aziende inglesi, fondando le Cantine Florio.

Successivamente la Florio acquisì lo stabilimento Woodhouse, divenendo il primo produttore e nacquero anche altri produttori locali.

Per saperne di più, diciamo che Marsala (Maissala nel dialetto locale) è un piccolo comune in provincia di Trapani, che sorge sulle rovine delle antiche città puniche di Lilibeo, dal cui nome deriva l’appellativo di lilibetani per i suoi abitanti, e di Mozia.

Tra il 76 e il 75 a.C., quando Cicerone fu questore, la cittá si chiamava Lilybaeum, cioè “la città che guarda la Libia”, perché così veniva chiamata tutta la costa settentrionale dell’Africa.

Nel V secolo d.C. fu devastata dai Vandali e annessa all’impero di Giustiniano nel secolo VI, a cui seguirono secoli bui fino al secolo VIII in cui l’arrivo degli arabo-berberi segnò la ripresa economica della città e fu chiamata “Mars-Ali”, cioè “Porto grande”.

A partire dalla fine dell’XI secolo subì le dominazioni normanna, sveva, angioina e aragonese. Durante quest’ultima Marsala ebbe un periodo di sviluppo fino a quando Filippo II fece chiudere il porto per fermare le incursioni saracene.

Più tardi, come abbiamo visto,  il porto tornò ad essere fondamentale per lo sviluppo commerciale  della città di Marsala,  dove l’11 maggio 1860 ci fu lo storico sbarco della spedizione dei Mille di Giuseppe Garibaldi.

Vi lascio un breve video in cui potrete percorrere la città di Marsala, apprezzare i suoi monumenti storici ed i paesaggi: https://www.youtube.com/watch?v=ebfDj7MGf6k

VIAGGIO IN ITALIA

Viaggiare (da viaggio) derivato dal provenzale viatge, a sua volta dal latino viaticum ‘viatico, viaggio’.

Viaggiare per turismo, come lo conosciamo oggi, nasce nel 1900.

Ma, prima di allora, qualcuno viaggiava: nel medioevo c’erano i commercianti che lo facevano per necessità. I pellegrini che andavano a Roma per ottenere l’indulgenza. E infine gli scrittori, i pittori e architetti che volevano imparare presso maestri stranieri o cercavano ispirazioni artistiche.

Nel ‘700 viaggiare era pericoloso sia per i ladri che erano sempre in agguato, sia perché le carrozze si rompevano facilmente per il cattivo stato delle strade. I viaggi erano lenti e lunghi e solo i più ricchi se lo potevano permettere. Ciònonostante, tra il XVIII e il XIX secolo il viaggio in Italia (o Grand Tour) diventò una tappa quasi obbligatoria nell’educazione dei giovani delle ricche famiglie inglesi, francesi e tedesche.

Molti scrittori dell’epoca hanno lasciato testimonianza di questi viaggi. Ci viene subito in mente Goethe, il cui viaggio fu una specie di fuga. L’Italia era sempre stata il suo sogno, l’Italia classica della Magna Grecia e dei Romani.

Infatti, il suo viaggio che doveva durare alcuni mesi si prolungò per due anni.

Un altro appassionato d’arte e dell’Italia fu Stendhal che visse a lungo nel bel paese. E’ del 1817 il suo libro “Rome, Naples et Florence” a cui seguì più tardi “Promenades dans Rome”.

A testimonianza dei viaggi in Italia, a Roma, precisamente a Piazza di Spagna, potete trovare la casa da tè Babington’s.

La storia iniziò nel 1886 quando due signorine inglesi di buona famiglia decisero di intraprendere un viaggio sulle orme del Grand Tour. Una era Anna Maria Babington (discendente del cospiratore Anthony Babington impiccato su ordine di Elisabetta I) e l’altra Isabel Cargill (figlia del capitano William Cargill fondatore di Otago in Nuova Zelanda).

Dopo un po’ di tempo, le due ladies si accorsero della mancanza di una casa da tè a Roma e così nel 1893, con spirito intraprendente, investirono i loro risparmi, 100 sterline, ed aprirono un salotto vittoriano. Un vero azzardo perché all’epoca il tè era venduto soltanto in farmacia e usato in Italia come medicamento. La sala è tuttora gestita dai discendenti di Isabel Cargill.

Il nostro viaggio finisce qui. Vi lascio un link per chi volesse approfondire sulla storia del Grand Tour:

https://www.youtube.com/watch?v=YHnfDoJRlYo